Riassunto analitico
L’invecchiamento provoca una perdita progressiva della massa e della forza muscolare scheletrica, una sindrome nota come sarcopenia, che porta ad una ridotta capacità funzionale e motoria nonché ad un aumentato rischio di malattia metabolica cronica. Molteplici osservazioni hanno suggerito che la diminuzione dei parametri mitocondriali legata all’età gioca un ruolo importantissimo nello sviluppo della patologia e ancora più importante è la diminuzione del livello di espressione del recettore PPAR, fondamentale modulatore dell’attività metabolica. Nel nostro laboratorio, siamo giunti a ipotizzare che un approccio terapeutico utile per la prevenzione della sarcopenia possa essere legato all’impiego di principi attivi in grado di sostenere l’attività di PPAR e la funzione mitocondriale, in quanto l’attivazione di questo recettore è in grado di aumentare il metabolismo ossidativo e l’espressione di importanti fattori regolatori dello stesso, tra cui PGC-1. A questo scopo ci siamo interessati all’impiego della palmitoiletanolamide (PEA), una molecola di natura lipidica endogena ampiamente presente in organismi animali e vegetali. La PEA, nota per le sue spiccate proprietà antinfiammatorie ed antidolorifiche, viene considerata infatti un potente agonista del recettore PPAR. Da alcune osservazioni sperimentali, citate in letteratura, è emerso, infatti, che la PEA è in grado di inibire il processo infiammatorio tramite attivazione selettiva del recettore PPAR e non di altri recettori attivanti la proliferazione perossisomiale. Da qui la decisione di utilizzarla nel nostro progetto sperimentale. Un importante limite della PEA è rappresentato dalla sua scarsissima solubilità: per sopperire a questo problema si sono utilizzate formulazioni nanoparticellari a base di questo farmaco. Nell’ambito di una collaborazione scientifica con il laboratorio della prof.ssa Leo abbiamo ottenuto sospensioni a base di nanoparticelle solide lipidiche (SLN) caricate con PEA (loaded) e non caricate (unloaded), rese fluorescenti grazie alla marcatura con Red Nile. La scelta delle SLN è stata fatta sia per l’esigenza di risolvere un problema formulativo sia per i molteplici vantaggi che questi sistemi carrier sono in grado di offrire; in particolare è possibile apprezzare la loro elevata biocompatibilità, la ridotta tossicità e un’aumentata stabilità del farmaco. Per qualche settimana abbiamo trattato i mioblasti della linea C2C12 (cellule muscolari scheletriche murine), presenti nel nostro laboratorio cellulare, con le sospensioni a base di SLN loaded e di SLN unloaded, tramite irrorazione diretta delle cellule in piastra, poi sistemate in incubatore a 37°C con livello di CO2 del 5%. Abbiamo eseguito i trattamenti utilizzando diverse concentrazioni e limitandoci ad un massimo di 200 g/ml. Ai trattamenti sono seguiti tempi di incubazione diversi, da un minimo di 6 fino ad un massimo di 12 ore (incubazione O/N). In seguito le cellule sono state sottoposte a diverse valutazioni. Ci siamo concentrati prima di tutto a considerare possibili effetti tossici del trattamento, e a questo scopo le cellule sono state sottoposte a saggio MTT. Dopo numerosi saggi effettuati è stata evidenziata una leggera tossicità solo alla concentrazione di 200 g/ml o superiori. È stata poi valutata l’internalizzazione di questi sistemi di trasporto nanoparticellari in cellule muscolari scheletriche. Per farlo abbiamo eseguito un’analisi al citofluorimetro, resa possibile dalla fluorescenza conferita dal Red Nile. La presenza di nanoparticelle all’interno della cellula è stata ulteriormente valutata attraverso microscopia confocale. Abbiamo infine osservato l’effettiva attività di PEA sui target molecolari mediante analisi western blot.
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