Riassunto analitico
Obiettivo del presente lavoro di tesi è valorizzare il potenziale trasformativo della pedagogia engaged - impegnata (hooks, 2020; Freire 1970, Bianchi, 2019), attraverso una ricerca situata, che vede come campo di ricerca il Movimento 8x5 di Prato e, soprattutto, la Scuola della Lotta 8x5, nella quale il ricercatore è immerso. La metodologia di ricerca è di tipo qualitativo e, nello specifico, è stata impiegata quella che Boni, Koensler e Rossi (2020) chiamano “etnografia militante”: un approccio che riguarda le esperienze in cui il ricercatore, conducendo un’etnografia, partecipa al contesto studiato al fine di trasformarlo insieme agli altri soggetti, in una comunanza di lotta. Il cuore stesso della ricerca diventa quindi la restituzione verso il campo nel quale si è inseriti, che non può limitarsi alla condivisione di un testo accademico e che prevede un impegno diretto e convinto nell’attività del gruppo. Nell’elaborato si distinguono tre grossi nuclei: il primo è quello metodologico, che si è già presentato. Il secondo riguarda il contesto di Prato, in cui delineare alcune linee guida è fondamentale per capire dove nasce e si situa la Scuola. Le voci dei sindacalisti del S.I. Cobas, degli attivisti, degli operai, delle associazioni del territorio e di chi ha fatto ricerca a Prato per anni, accompagnate dalla letteratura esistente, restituiscono un quadro assai complesso, che richiede un approccio interdisciplinare per poter essere compreso. Quel che emerge è che lo sfruttamento nel “distretto” tessile e dell’abbigliamento è sistematico, costruito dentro e fuori la fabbrica e che determina un processo di disumanizzazione e razzializzazione del lavoratore migrante. Una realtà che va avanti da decenni e che vede le istituzioni incapaci (se non disinteressate) a trovare una vera soluzione. Più incisive e potenzialmente rivoluzionarie sembrano essere le lotte iniziate negli ultimi anni proprio dalla nuova forza lavoro migrante multietnica (soprattutto da parte della componente pachistana), accompagnata dal S.I. Cobas. Insieme hanno lanciato il “Movimento 8X5”, che mira a ristabilire la legalità a Prato e a mettere in atto ciò che dicono i contratti nazionali, a partire dall’orario di lavoro settimanale: 8 ore per 5 giorni (da cui il nome del movimento).
Il terzo nucleo riguarda la Scuola della Lotta, di cui si cerca di mettere in luce i caratteri innovativi, prendendone in considerazione l’impostazione, i metodi, i contenuti e le finalità. Tutti e quattro questi elementi, infatti, mostrano un grande potenziale. La finalità ultima è creare una comunità che supporti la lotta 8x5 e aiuti nell’abbattere il muro della segregazione, direzione che condiziona ovviamente tutto il resto, a partire dai contenuti. Tuttavia, sono forse l’impostazione e i metodi ad essere gli aspetti più interessanti: la scuola nasce dal basso, e verso di esso sempre si orienta, con una struttura volutamente orizzontale, tanto nell’organizzazione, quanto nelle lezioni, dove ci si impegna nel superare il muro tra insegnanti e studenti. Questo non significa non riconoscere il ruolo specifico che il professore ricopre, ma piuttosto non considerare lo studente come un deposito da riempire di informazioni: l’obiettivo è quello di un insegnamento con loro e non per loro, che miri alla formazione di una coscienza critica e non ad un addomesticamento, un appiattimento su quelle che sono le idee di altri. Un metodo che si avvicina al pensiero di Paulo Freire e di beel hooks. Dialogando quindi con i due grandi pedagogisti si vuole mostrare come questa Scuola possa essere considerata, a tutti gli effetti, un esempio di educazione come pratica di libertà e, al tempo stesso, mostrare come tale approccio possa avere un grande potenziale trasformativo.
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Abstract
The aim of this thesis work is valorising the transformative potential of engaged pedagogy (hooks, 2020; Freire 1970, Bianchi, 2019), through situated research, which has as its field of research the 8x5 Movement in Prato (whose nerve centre is the S.I. Cobas trade union) and, above all, the School of the 8x5 fight, in which the researcher is absorbed. The research methodology is qualitative and, specifically, it was employed in what Boni, Koensler and Rossi (2020) call “militant ethnography”: an approach in which the researcher conducting the ethnography, participates in the context studied in order to transform it, together with other subjects, in a commonality of fight. The main goal thus becomes restitution to the field in which one is embedded, which cannot be limited to the sharing of an academic text and involves a direct and convincing commitment to the group's activity.
Three major sections can be distinguished in this paper: the first is the methodological one, which has already been presented. The second one concerns the context of Prato, in which outlining some guidelines are fundamental to understand where the School was born and located. The voices of the S.I. Cobas trade unionists, activists, workers, local associations and those who have been doing research in Prato for years, accompanied by the existing literature, give a very complex picture, which requires an interdisciplinary approach in order to be understood. What emerges is that exploitation in the textile and clothing “district” is systematic. It is built inside and outside the factory and it causes a process of dehumanisation and racialisation of the migrant worker. A reality that has been going on for decades with the institutions incapable of finding a real solution (if not disinterested). In recent years the fight brought up by the new multi-ethnic migrant workforce (especially by the Pakistani component) accompanied by the S.I. Cobas seems to be more incisive and potentially revolutionary. Workers and unions have all together launched the “8X5 Movement”, which aims to re-establish legality in Prato and implement what the national contracts affirm, starting with a work schedule of 8 hours per day 5 days per week (hence the name of the movement).
The third core concerns the School of Fight, of which we attempt to highlight the innovative features, taking into consideration its approach, methods, contents and aims. All four of these elements, in fact, show great potential. The main aim is to create a community that supports the 8x5 fight and helps break down the wall of segregation. The selection of this direction conditions everything else, starting from the content. However, it is perhaps the approach and methods that are the most interesting aspects: the school was born from the bottom, and it is always oriented towards it. With a deliberately horizontal structure both in the organisation and during the lessons, where efforts are made to overcome the wall between teachers and students. This does not mean recognising the specific role of the teacher, but rather not considering the student as a repository to be filled with information: the objective is to teach with them and not for them, aiming at the formation of a critical conscience and not at domestication, a flattening out to the ideas of others. A method that comes close to the thinking of Paulo Freire and bell hooks. Dialoguing therefore with these two great pedagogues, we want to show how this School can be considered, to all intents and purposes, an example of education as a practice of freedom and, at the same time, show how this approach can have great transformative potential.
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