Riassunto analitico
Introduzione: Il suicidio è la prima causa di morte in carcere. Il più alto tasso di suicidi che si riscontra nei detenuti rispetto alla popolazione generale è da attribuire sia agli effetti esercitati dalla condizione detentiva sia alla maggiore vulnerabilità biopsicosociale della popolazione detenuta. Gli stranieri, che rappresentano una quota consistente dei detenuti, sono particolarmente vulnerabili a causa di una storia migratoria spesso traumatica e delle difficoltà ad integrarsi nel contesto socioculturale del paese ospite. Le barriere linguistiche, l’isolamento sociale e culturale, la mancanza di sostegno familiare, la precarietà economica sono connessi ad una fragilità psichica spesso sottostimata o trascurata all'interno degli Istituti Penitenziari.
Scopo: Indagare l’impatto del trauma migratorio sui comportamenti autolesivi e suicidari dei Migranti Nuovi Giunti in carcere, valutando se particolari tipi di trauma si associano a condotte autolesive piuttosto che a condotte suicidarie.
Materiali e metodi: Studio prospettico di coorte, approvato dal Comitato Etico locale. Tramite il colloquio clinico e la somministrazione di una batteria testistica (JSAT, LiMEs e BIS-11) sono stati analizzati dati relativi ai detenuti Migranti Nuovi Giunti, di età superiore o uguale a 18 anni, condannati definitivamente, che hanno iniziato la detenzione presso la Casa Circondariale di Modena nel periodo dal 01/02/2017 al 30/04/2017. Il follow up per identificare eventuali gesti autolesivi/suicidari compiuti dai soggetti arruolati nello studio è durato 3 mesi. Per l’analisi statistica è stato utilizzato il software dedicato R Core Team (2015).
Risultati: Il campione totale risulta composto da 54 detenuti, di cui il 96.3% maschi, con età media pari a 32.5 ± 8.68 anni. Nel periodo di follow up 9 detenuti hanno messo in atto condotte suicidarie, autolesive e/o astensive, mentre nessuno si è suicidato. Tra i traumi indagati, si associano in maniera statisticamente significativa ad un aumentato rischio di condotte autodistruttive i seguenti sottotipi: guerre/conflitti e traumi familiari pre-migratori (p-value = 0.03) per il rischio autolesivo; guerre/conflitti e traumi familiari post-migratori (p-value = 0.03) per il rischio suicidario. Tra i fattori di rischio indagati, l’aver compiuto pregressi gesti autolesivi, l’aver commesso un reato grave, l’essere single, la tossicodipendenza, l’aver ricevuto una diagnosi psichiatrica, l’essere in trattamento psicofarmacologico e l’elevata impulsività sono risultati correlati ad una maggiore probabilità di compiere gesti autolesivi/suicidari.
Conclusioni: La vulnerabilità intrinseca della popolazione migrante si estrinseca nel contesto penitenziario in atti violenti e anticonservativi. La fase precedente alla migrazione risulta essere quella che predispone maggiormente al rischio autolesivo/suicidario nel circuito penitenziario del paese ospite. Alla luce di queste considerazioni, un’attenta anamnesi migratoria potrebbe essere utilizzata come indicatore clinico di maggior rischio autolesivo/suicidario e dovrebbe entrare a far parte delle strategie di valutazione del rischio suicidario utilizzate negli Istituti Penitenziari.
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