Riassunto analitico
Il mio elaborato si prefigge di esaminare lo sviluppo e l’evoluzione del multiculturalismo e dell’interculturalità dai primi tentativi di formulazione teorica e pratica ai giorni nostri tramite l’utilizzo di pubblicazioni a carattere pedagogico, sociologico, antropologico e comunicativo. Questi due orientamenti si sono dimostrati strettamente correlati ai termini di cultura, identità ed etnia, perciò nel primo capitolo si analizza ciò che si intende per cultura su base antropologica. La diversità culturale e la pluralità caratterizzano la società contemporanea di tipo globale e mettono in crisi il concetto di cultura come ordine, struttura o sistema dando vita al polimorfismo culturale, che lo rielabora e mette fine alla concezione monolitica di cultura e di identità per svilupparne un nuovo modello basato sulla comunicazione e l’azione. Da qui la nascita del multiculturalismo che assume aspetti diversi a seconda di dove si sviluppa, se negli Stati Uniti, in Canada o in Europa. In seguito si dimostra che queste tre prospettive, nel corso del tempo, si sono rivelate fallimentari, perciò all’inizio degli anni ‘70 si cerca un nuovo approccio e si parla di interculturalità per la prima volta. Successivamente nel secondo capitolo si analizza lo sviluppo del pensiero interculturale in Francia e in Italia. Si illustrano i primi tentativi di attuare le teorie formulate da famosi pedagoghi come L. Porcher e M. Abdallah-Pretceille nella scuola francese attraverso la formazione di classi speciali, che nel corso degli anni assumono varie denominazioni e il cui scopo era quello di combattere l’esclusione e risolvere il problema dell’integrazione nel rispetto delle differenze. Si chiarisce poi il loro fallimento conclamato alla fine degli anni ‘90, momento storico in cui la pedagogia interculturale veniva applicata solo ai figli dei migranti che, per diventare cittadini francesi, dovevano attenersi ai valori repubblicani sentiti come universali inculcati dalla scuola: un approccio completamente diverso da quanto elaborato 20 anni prima. Viene affrontato poi il pensiero interculturale in Italia che è formulato da L. Secco con 10 anni di ritardo rispetto alla Francia, dal momento che il nostro paese è sempre stato un paese di emigrazione ed è divenuto di immigrazione solo negli anni ‘80. Da questa prima formulazione prendono vita le molteplici iniziative didattiche pensate per attuare questo approccio, che però si dimostrano aggiuntive e tante volte per nulla connesse alla didattica dell’epoca. La scuola nazionale dimostra di gestire gli immigrati come un’urgenza e ad essa si contrappongono gli esempi della scuola locale di regioni a statuto speciale come il Friuli Venezia Giulia, dove il pensiero interculturale è applicato maggiormente ed è rivolto a tutti: insegnanti, alunni stranieri, autoctoni, disabili. Si evince, comunque, che pur riconoscendo l’importanza dell’interculturalità, vista come un ponte per mettersi in contatto col diverso da sé, sia in Francia che in Italia non si è riusciti ad attuare pienamente le teorie formulate, dibattute e perfezionate nel corso degli ultimi 40 anni e diviene perciò necessario analizzare l’importanza di una corretta comunicazione ai fini della comprensione dell’Altro. Nel terzo capitolo si affronta questo tema partendo dal disorientamento causato dalla globalizzazione, dall’alto grado di tecnologia e dal capitalismo flessibile, che ha reso i paesi del mondo interdipendenti, dalla crisi dei valori di società sempre più complesse e multiculturali, che portano alla dissoluzione dello Stato nei suoi organi più rappresentativi e che ci spingono sempre più ad attuare una corretta comunicazione per riformulare dei valori universali.
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