Riassunto analitico
Le malattie infettive rappresentano una delle principali cause di ricovero nelle unità di terapia intensiva, presentando importanti complicanze durante la degenza. La sepsi e lo shock settico sono delle condizioni cliniche emergenti a livello mondiale che incidono sempre più sui sistemi sanitari in termini di mortalità e spesa. La terapia antibiotica riveste un ruolo di primaria importanza nel trattamento del paziente critico. Negli ultimi decenni vi è stata una costante espansione nello sviluppo di nuovi antibiotici, contemporaneamente però è cresciuto anche il fenomeno della resistenza agli stessi, tanto che oggi si riscontra la difficoltà nello scoprire nuove molecole ad attività antibiotica. L’uso esteso e inappropriato degli antibiotici ha determinato una pressione antimicrobica selettiva, che a sua volta ha contribuito allo sviluppo di ceppi resistenti con effetti dannosi al paziente, al sistema sanitario e alla società. Ogni anno in tutto il mondo migliaia di persone muoiono per infezioni causate da patogeni antibiotico-resistenti, le quali presentano un tasso di mortalità due volte più alto rispetto ai pazienti con infezioni provocate da patogeni suscettibili. E’, quindi, estremamente importante ottimizzare la terapia antibiotica nel paziente critico, tenendo conto delle importanti alterazioni fisiopatologiche indotte dalla malattia, attraverso lo studio della farmacocinetica (PK) e farmacodinamica (PD) degli antibiotici con l’obiettivo di migliorare gli esiti clinici e ridurre nel contempo la pressione antibiotica per fare fronte al fenomeno della resistenza. Le alterazioni fisiopatologiche del paziente critico possono influenzare profondamente la PK e la PD e determinare una insufficiente esposizione all’antibiotico nel sito di infezione. L’ottimizzazione della terapia antibiotica nel paziente critico deve basarsi su tre aspetti fondamentali: utilizzare un adeguato spettro d’azione per poter agire sui patogeni più probabili, somministrare la prima dose entro la prima ora dal ricovero in ospedale o dal momento della diagnosi e dosare l’antibiotico sulla base dello studio della PD e PK. Gli antibiotici possono essere classificati in base alla loro tendenza a distribuirsi nel compartimento acquoso (antibiotici idrofili), oppure nel compartimento lipidico (antibiotici lipofili). Tener conto di questa classificazione è molto importante, perché in presenza di sepsi e shock settico lo spazio extravascolare si espande in ragione della perdita di fluidi nello spazio extracellulare con conseguente aumento del volume di distribuzione degli antibiotici idrofili, riduzione della loro concentrazione plasmatica e possibile presenza di livelli sub-terapeutici a livello del sito di infezione. Gli antibiotici possono anche essere classificati, in base alla relazione dose-risposta (PK/PD), in antibiotici tempo-dipendenti (fT>MIC), concentrazione-dipendenti (Cmax / MIC) e concentrazione-dipendenti in ragione del tempo oltre la MIC (AUC/MIC). Ciascuna categoria presenta un parametro farmacodinamico che meglio caratterizza l’esposizione in vivo del ceppo batterico alla concentrazione sierica di antibiotico. Il miglioramento dell’utilizzo degli antibiotici con l’obiettivo di ottimizzare gli esiti clinici e combattere il fenomeno di resistenza è alla base dei programmi di stewardship antimicrobica. L’Antimicrobial Stewardship è caratterizzata da una serie di interventi per migliorare l’utilizzo degli antimicrobici incorporando strategie multiple che vedono la collaborazione di vari specialisti tra cui lo specialista infettivologo, il microbiologo, il farmacista clinico e l’informatico. Emerge, quindi, l’importanza della figura del farmacista, quale professionista essenziale all’interno di questo team, che può contribuire, con l’analisi farmacoeconomica e di farmacovigilanza, alla azione educativa dei prescrittori e dei consumatori.
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