Riassunto analitico
FCM ex vivo rappresenta uno strumento di imaging in grado di produrre immagini con un livello di risoluzione cellulare comparabile a quello dell’istopatologia. Le sezioni ottiche verticali, acquisite solo dopo la processazione dei campioni con un colorante fluorescente, possono essere analizzate e valutate in estemporanea. FCM ex vivo non è mai stato applicato al campo delle malattie infiammatorie cutanee, uno dei motivi che più comunemente richiede un intervento dermatologico e l’esecuzione di biopsie. Di fatto, sebbene molti siano i reperti clinici caratteristici di ciascuna patologia, molti casi mostrano presentazioni cliniche in parte sovrapposte. L'esame istologico rappresenta l’attuale gold standard per la definizione delle diagnosi e si effettua nei casi clinicamente dubbi. Tuttavia, il tempo intercorrente tra l’esecuzione della biopsia e il referto, prima del quale uno specifico trattamento non può essere avviato, è spesso troppo lungo. In questo contesto, FCM ex vivo, fornendo indicazioni in tempo reale utili per porre le diagnosi differenziali, consentirebbe diagnosi e trattamenti anticipati. Tuttavia, un aspetto che differenzia le immagini istologiche da quelle FCM è il contrasto; mentre le immagini istopatologiche ottenute da campioni bioptici colorati con ematossilina-eosina (H&E) mostrano un doppio contrasto, viola (ematossilina) per i nuclei e rosa (eosina) per i citoplasmi cellulari e il derma, FCM genera immagini a singolo contrasto in scala di grigi. Per ovviare a questa differenza, che per alcuni potrebbe essere definita come un limite della metodica FCM, è stato sviluppato un software in grado di convertire le immagini confocali black/white (b/w) in immagini a colori (DSCM), simili a quelle istologiche H&E. Lo scopo di questo studio è quello di valutare la capacità di riconoscere alcuni dei parametri istopatologici che più caratterizzano ciascuna delle quattro dermatosi infiammatorie prese in esame (psoriasi, eczema, lichen planus e LED) su immagini generate da FCM e su immagini DSCM. A ciò è stata associata la stima del grado di concordanza diagnostica di ciascuna metodica, sia FCM che DSCM, rispetto alle diagnosi istologiche gold standard. L’obiettivo secondario dello studio è quello di valutare il livello di esperienza richiesto da chi visiona e valuta le immagini confocali a fluorescenza e DSCM per l’ottenimento delle diagnosi corrette. Dal presente studio è emerso come l’applicazione di FCM ex vivo al campo delle malattie infiammatorie cutanee consenta di definirne le diagnosi differenziali con un livello di concordanza sostanziale per tutte le categorie analizzate, mentre le immagini DSCM non registrano un vantaggio di rilievo in termini di accuratezza diagnostica rispetto alla tecnica a fluorescenza, dimostrando di offrire un vantaggio limitato all’estetica. Inoltre, per entrambe le tecniche si è evidenziata la presenza di una curva di apprendimento che mostra come operatori con esperienza in campo dermatologico via via più specifica registrino accordi maggiori. Nonostante alcune limitazioni, principalmente correlate alla tecnica manuale di prelievo e appiattimento dei campioni, nonché la disponibilità di una singola lente di magnificazione, il nostro studio suggerisce come le tecniche FCM ex vivo e DSCM sembrino essere promettenti strumenti in grado di offrire, anche nel campo delle malattie infiammatorie cutanee, importanti informazioni in estemporanea utili per la diagnosi differenziale dei casi clinicamente dubbi, permettendo di arrivare ad una diagnosi e ad un trattamento anticipati. Peraltro, la corretta interpretazione delle immagini digitali sembra richiedere un alto livello di competenza specifica, paragonabile a quella necessaria per l’interpretazione delle immagini istopatologiche.
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