Riassunto analitico
Nel mio lavoro di tesi ho esposto la tematica del figlicidio materno. Ho scelto di trattare questa tematica poichè mi ha suscitato interesse e curiosità approfondire questo argomento; per quanto possa apparire innaturale che una madre che ha messo al mondo un figlio possa poi togliergli la vita, “da creatrice a distruttrice”. L'obiettivo della mia tesi è stato, quindi, di studiare le varie teorie di tanti autori che hanno studiato e approfondito questa tematica, analizzando la mitologia passando poi per le teorie scientifiche, analizzando le possibili cause e la sansione prevista per questi tipi di reati. La definizione del termine figlicidio indica, letteralmente, l'uccisione del figlio da parte dei genitori. Fra le varie definizioni si annoverano le diverse categorie di uccisione del figlio: figlicidio altruistico, figlicidio ad elevata componente psicotica, figlicidio di un figlio indesiderato, figlicidio accidentale, figlicidio per vendetta sul coniuge, figlicidio per motivi economici e infanticidio multiplo. Il figlicidio è una tematica che troviamo già nei tempi passati come pratica per il controllo delle nascite o per preservare l'unitarietà del patrimonio familiare, ma lo troviamo anche nella mitologia come nella tragedia di Medea che da il nome anche ad una sindrome “di Medea” dove la madre uccide i figli per vendetta contro il coniuge. Non vi è un'unica causa che può portare all'atto estremo del figlicidio, ma sono presenti diverse cause, come ad esempio: la non accettazione della gravidanza e dunque del figlio, la mancata istaurazione di un legame affettivo col nascituro, che nelle condizioni normali si crea già durante la gravidanza, il complesso di Medea la vendetta contro il coniuge, madre violenta che è solita maltrattare il figlio usando la violenza fisica, questo comportamento può degenerare causando il cosiddetto figlicidio accidentale dove la violenza supera i soliti limiti; o la sindrome di Munchausen per procura si tratta di madri apparentemente premurose che espongono il figlio a vari esami e cure mediche molto invasive che possono portare alla morte del figlio, un'altra causa potrebbe essere la malattia psichiatrica di cui può soffrire la madre e quindi uccidere il figlio in preda ad allucinazioni imperative in forma di comando, sdoppiamento della personalità ecc.. dove si ipotizza che nel momento del reato era incapace di intendere e di volere. Fra le cause di infanticidio, l'uccisione del neonato, si annoverano la depressione post partum e la psicosi puerperale considerate patologie puerperali. Questo reato è regolato dall'attuale legge del 5 Agosto 1981, n 442 art. 578 del codice penale che recita: “La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni”. Un'altra legge che tenta di prevenire la commissione di questi reati è la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza Legge n. 194 del 22 Maggio 1978; anche se i casi in cui è ammessa l'interruzione di gravidanza sono: i casi in cui la gravidanza cagiona rischio alla salute della madre, causata o meno da gravi malformazioni del feto e nei casi in cui la gravidanza sia conseguenza di un'atto di violenza sessuale subita dalla madre; confrontando i dati le condanne per infanticidio avvenuti dopo l'entrata in vigore di tale legge sono diminuiti di circa un terzo. Un'altra possibile diminuzione di questi reati sta nel cercare di prevenirli, per poter prevenire bisogna conoscere i fattori di rischio e i segnali di allarme che potrebbero portare la madre ad uccidere il figlio. Sarebbe necessario sensibilizzare la collettività e creare conoscenza nei confronti di tale disagio per poter conoscere i segnali di allarme affinché si possa prevenire un atto così drastico.
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