Riassunto analitico
La popolazione migrante è caratterizzata da un profilo sanitario condizionato profondamente da aspetti culturali e ambientali. Eventuali fattori di rischio genetici, ambientali, microbiologici e comportamentali espongono maggiormente i cittadini stranieri allo sviluppo di condizioni morbose rispetto a chi nasce in Italia. Inoltre, la scarsa educazione sanitaria, associata all’inadeguatezza dell’assistenza e ad uno svantaggio sul piano socio-economico, contribuiscono ad un ritardo nella diagnosi dei cittadini stranieri, favorendo l’instaurarsi di processi patologici irreversibili che aggravano ulteriormente la loro fragile condizione, come riscontrato nei numerosi pazienti stranieri con insufficienza renale cronica che accedono alla nostra Unità operativa. Considerando la sproporzione dei migranti in emodialisi e in dialisi peritoneale rispetto agli ambulatori di pre-dialisi della SC Nefrologia e Dialisi del Policlinico di Modena, è stato condotto uno studio osservazionale e retrospettivo finalizzato a valutare la prevalenza, le caratteristiche demografiche, cliniche e l’outcome dei migranti in cura presso la stessa unità operativa, confrontandole con quelle degli italiani. Rispetto alla popolazione italiana, i migranti in emodialisi sono significativamente più giovani (70.7 vs 48 anni) ed è maggiore la prevalenza di FAV per HD, anche se più del 50% dei pazienti sono probabilmente late referral dal momento che iniziano l’HD con un CVC; infatti, solo il 48% dei pazienti emodializzati ha eseguito una visita nefrologica prima dell'entrata in dialisi. Tuttavia, nei migranti in HD si riscontra una migliore qualità della vita, come conseguenza della loro minore età rispetto agli italiani. In riferimento alla popolazione in trattamento dialitico peritoneale, si evince che la popolazione migrante è composta per oltre i due terzi dal sesso femminile e, in parallelo all’HD, l’età media è significativamente inferiore a quella registrata nella popolazione italiana. I migranti in dialisi peritoneale sono maggiormente iscritti in lista d’attesa rispetto agli italiani e agli stranieri in HD, a causa della migliore condizione sociale e della maggiore compliance da parte del paziente in PD. Tra i pazienti iscritti in lista per il trapianto renale, nei migranti l’età all’iscrizione è minore rispetto a quella degli italiani. La maggior parte dei migranti in lista trapianto si sottopone a terapia renale extracorporea e solo una minima frazione di pazienti è stata iscritta in lista trapianto durante il follow-up della nefropatia. Le differenze riscontrate in termini di gruppo sanguigno e di antigeni HLA possono influire sul tempo d’attesa, che è infatti inferiore nella popolazione italiana rispetto a quella migrante. A ciò si aggiunge che gli africani hanno una ridotta propensione al trapianto di rene da vivente, soprattutto per l’incapacità di reperire un familiare in Italia. In conclusione, considerata l’età alla quale questi pazienti iniziano il trattamento emodialitico, è necessario che venga avviato un programma di screening e prevenzione, in modo da intercettare uno stato pre-morboso ed evitare una rapida progressione della malattia renale cronica, la quale è associata ad un sensibile peggioramento della qualità della vita e ad una prognosi peggiore.
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