Riassunto analitico
Nel corso degli ultimi venti anni in Italia, a partire dal 1995, si è verificato un notevole sviluppo dei birrifici artigianali, che sono cresciuti con una media del 20% annuo, nonostante non fossero previste per il settore agevolazioni di alcun tipo, al contrario di quanto previsto dal lontano 1992 dalla Direttiva numero 83 sull’armonizzazione delle accise nell’Unione europea, che prevedeva la possibilità, da parte dei singoli stati membri, di concedere riduzioni di accisa ai micro-birrifici indipendenti. Nel corso degli anni ben 21 paesi su 28 (Regno Unito incluso) hanno provveduto all’adeguamento della legislazione alla Direttiva sopracitata per ridurre le disparità concorrenziali. In Italia, invece, il legislatore non ha provveduto in toto all’adeguamento e i micro-birrifici risultano fortemente penalizzati dall’entità delle accise gravanti sul prodotto e dal naturale svantaggio rappresentato dalle ridotte economie di scala. Inoltre, la misurazione delle accise avviene a monte del processo produttivo, non tenendo conto degli sfridi – maggiori per i micro-birrifici se confrontati con le produzioni industriali – impattando notevolmente sul prodotto finito. Fino ad oggi le uniche decisioni prese a favore dei micro-birrifici e dei produttori agricoli sono stati l’introduzione della definizione di birra agricola nel 2010 e di birra artigianale nel 2015. Ciononostante, il regime di accise non è cambiato e il disegno di legge del 2015 proposto da CNA, Unionbirrai e Movimento 5 Stelle è stato accolto solo in parte, non assecondando la richiesta di riduzione a scaglioni di accise per i piccoli produttori con volume di produzione annuo inferiore ai 200.000 ettolitri. La birra artigianale italiana, nonostante il nostro Paese non vanti una tradizione plurisecolare come in altri Stati, è entrata nella cultura – e nel paniere- dei consumatori italiani, e viene esportata ad oggi in tutto il mondo, in particolare in Paesi di profonda cultura birraria come il Regno Unito e la Germania, nei quali le migliori produzioni italiane vengono ricercate ed apprezzate proprio da chi per secoli ha coltivato l’arte birraria. Nella situazione attuale, dunque, vediamo come, a differenza degli altri prodotti enogastronomici di qualità che spesso godono di sovvenzioni e agevolazioni fiscali, la birra artigianale - e quella industriale - ha visto un’ulteriore penalizzazione da parte del legislatore, visti i recenti aumenti delle accise sulla birra, che dal 2003 sono aumentate di circa il 120%. Ciò si traduce in un’imponente pressione fiscale che oltrepassa il 40% sulla singola bottiglia, comportando da un lato prezzi poco accessibili al grande pubblico e ridotti margini per i produttori che troppo spesso rinunciano ad investire. Ciò si riflette sull’intero settore artigianale, frenando la crescita dei micro-birrifici e la conseguente difficoltà di ampliamento, creazione di nuovi posti di lavoro e diffusione di prodotti di qualità. L’Italia vanta più di mille produttori indipendenti e si posiziona quarta a livello europeo per numero di birrifici dopo Regno Unito, Germania e Francia, nonostante sia uno dei Paesi con il minor consumo pro capite e la minor produzione in volume d’Europa. L’autore si concentrerà quindi sulla creazione di una nuova proposta di legge, valutando il costo della riforma e le prospettive di crescita futura dei piccoli micro-birrifici confrontando i dati a livello europeo e statunitense e le legislazioni in materia.
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Abstract
During the past twenty years, since 1995, the italian beer market saw several changes: the microbrewery movement was born and in a relatively short time this new niche saw a fast development, at a medium growth pace of 20% every year. This growth was obtained without any legislative facilitation. The ECC directive number 83, 1992 allows european member states to reduce ecise duties on independent microbreweries in order to reduce competitive disadantages; as of today 21 states on 28 (UK included) complied with the mentioned directive. Italy is still excluded and doesn't allow any excise discount. Moreover, microbreweries producing up to 10.000 hl per year measure their excise duties on wort before conditioning. This means that excise measuremente is made on a semi-manufactured that becomes finished product after discarding 10 to 15%. Economies of scale represent, together with high excise duties, the main issue concerning micro-brewers, so this is the reason why a full adaptation to the european law is necessary. To the present day, however, some measures were taken by the italian legislator: in 2010 the definition of "birra agricola" (beer as an agricultural product) was introduced and 2015 saw the introduction of the definition of "Birra Artigianale". Italian craft beer, although beer is not part of the italian culture, entered the italian consumer's basket and is being exported all over the world. Italian craft beer is largely exported to coutries with a strong and ancient brewing tradition, such as Great Britain and Germany. At the moment it is evident that craft beer is not facilitated in any way as most eno-gastronomic products are in Italy, even if it has a very strong potential. The tax burden on a single bottle results to be over 40% on a bottle, resulting in non-affordable prices for consumers and very reduced margins for producers, who often renounce to make new investments or increase their debt. This is reflected on the entire craft beer industry, slowing down the growth, the creation of new jobs and the diffusion of high-quality products. Italy counts more than a thousand independent brewers and is the fourth country in terms of number of micro-breweries, following United Kingdom, Germany and France, despite being one of the european countries with lowest beer consumption and production. In this paper I will focus on a new law proposal, evaluating the cost of the excise reduction and future perspectives for microbreweries.
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