Riassunto analitico
Le colate detritiche (debris flow) sono fenomeni di rapido trasporto di detrito lungo i versanti. Essi, generalmente, si innescano in seguito a piogge brevi ed intense e si propagano lungo versanti in modo incanalato o, più raramente, non incanalato. La rapidità con cui si innescano, i volumi di sedimenti mobilizzati e le velocità raggiunte nella fase di propagazione, rendono i debris flows tra i più distruttivi e pericolosi fenomeni di dissesto idrogeologico e, oltre a causare ingenti danni a strutture e manufatti, costituiscono un importante rischio per la vita umana. Questi fenomeni si manifestano frequentemente in diverse aree montuose in tutto il mondo (Alpi, Montagne Rocciose, Alpi Giapponesi, Ande) e possono svilupparsi durante intensi fenomeni di precipitazione in torrenti montani ad elevata pendenza. Nell’Appennino Emiliano, date le caratteristiche litologiche, morfologiche e climatiche di quest’area, i debris flow sono fenomeni estremamente rari rispetto ad altre tipologie di frane e, per questo motivo, poco studiati e scarsamente documentati in letteratura tecnico-scientifica. A seguito degli eventi alluvionali che hanno colpito la Val Parma (ottobre 2014) e la Val Trebbia e la Val Nure (settembre 2015), sono stati osservati diversi fenomeni chiaramente identificabili come colate detritiche. L’obiettivo della presente tesi di laurea è stato il concretizzare un’attività di ricerca finalizzata a ricostruire le dinamiche di propagazione, deposizione ed erosione di alcuni dei debris flows verificatisi durante i due eventi alluvionali e supportare in tal modo valutazioni inerenti la possibilità di applicare, anche per questi siti, modelli di propagazione pensati e progettati per simulare fenomeni in contesti geologici dalle caratteristiche profondamente diverse rispetto a quello dell’Appennino Settentrionale. Dal punto di vista reologico le colate detritiche sono definiti come flussi bifasici formati da materiale detritico di varia granulometria completamente saturato da un elevato contenuto d’acqua o fango che, nella propagazione, si comporta come un unico fluido che è in grado di mobilizzarsi anche su basse pendenze prima di formare, talora, veri e propri conoidi di deposizione. La simulazione della loro propagazione è quindi legata alla definizione di idrogrammi solido-liquidi di colata. Per arrivare a ciò, è stata dapprima portata avanti la modellazione idrologica dei sottobacini interessati utilizzando, su una piattaforma GIS, un modello idrologico distribuito derivato dal metodo SCS-CN, per poi utilizzare un modello d’innesco delle colate ed arrivare, attraverso modello numerico a celle fisicamente basato, al “routing” della propagazione della colata. Nella seconda fase del lavoro sono state eseguite diverse simulazioni della propagazione delle colate mediante un modello a celle fisicamente basato, variando i parametri del modello al fine di ottenere, attraverso “back-analysis”, la combinazione che meglio riproducesse i fenomeni verificatisi e testare l’applicabilità di tale modello nelle aree appenniniche considerate. L’attività è stata svolta con riferimento a 4 fenomeni di debris flow (3 in val d’Aveto, PC ed 1 in Val Parma, PR). I risultati mostrano, nel loro complesso, la rilevante influenza della risoluzione dei DEM utilizzati per la propagazione delle colate ed invece una certa ininfluenza di alcuni parametri di erosione e deposizione che possono essere variati nel modello. Al netto di ciò, è stato riscontrata una buona capacità del modello di riprodurre le colate detritiche registrate nel 2014 e 2015. Ciò evidenzia, l’applicabilità dell’approccio adottato anche al contesto fisico dell’Appennino settentrionale, aprendo una positiva prospettiva per una loro più sistematica applicazione per la mappatura delle aree a rischio.
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