Riassunto analitico
La depressione è un disturbo psichiatrico molto comune ed è destinata ad essere tra le prime cause di mortalità entro il 2030. I limiti dei trattamenti antidepressivi (AD) ad oggi disponibili in clinica, spingono verso l’individuazione di nuovi target terapeutici per tale patologia. Negli ultimi anni numerosi studi si sono focalizzati sul possibile ruolo dei mediatori dell’infiammazione come fattori eziologici della patologia depressiva. È stata infatti dimostrata un’alterazione della funzionalità del sistema infiammatorio, associata ad un aumento dei livelli delle citochine pro infiammatorie nel plasma di pazienti depressi rispetto ad individui non depressi. D’altra parte è emerso come i farmaci AD abbiano sia un effetto antinfiammatorio, riducendo l’infiammazione periferica in modelli animali di nocicezione, che un effetto immunosoppressivo dimostrato con studi ex vivo e in vitro. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di investigare gli effetti molecolari di due diverse strategie di trattamento antidepressivo avvalendoci di un modello animale di depressione validato: il modello del deficit di fuga cronico. Tale paradigma è basato sull’induzione nell’animale di una modificazione comportamentale attraverso l’esposizione ad uno stress inevitabile e riproduce alcuni sintomi tipici del paziente depresso quali iporeattività verso stimoli esterni, stato di anedonia, modificazioni omeostatiche come alterazione dei livelli centrali delle monoamine o aumento dell’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Nel laboratorio dove ho svolto la mia tesi è stato dimostrato che il co-trattamento fluoxetina/aspirina ristabilisce una normale risposta comportamentale in questo modello già dopo 7 giorni di trattamento. Inoltre una settimana di esposizione ad escitalopram è efficace nel revertire il deficit comportamentale nel 50% degli animali. Dopo una settimana di trattamento, abbiamo dunque valutato gli effetti molecolari di due strategie antidepressive (FLX/ASA ed ESC) in ipotalamo di ratti nei quali è stato indotto il deficit di fuga cronico. L’ipotalamo è un’area chiave nell’integrare i segnali tra sistema nervoso, immunitario ed endocrino. Mediante Real Time PCR abbiamo valutato i livelli di espressione di alcune citochine pro e anti-infiammatorie (IL-4, IL-10, IFN-γ, IL-18, IL-1β, IL-6). Particolarmente interessanti sono i dati sulle citochine pro-infiammatorie IL-1β e IL-6. Dai risultati è emerso che negli animali stressati si ha un’aumentata espressione ipotalamica di IL-1β rispetto ai controlli, mentre le due strategie antidepressive riportano i livelli di mRNA codificante per IL-1β in ipotalamo a livelli non statisticamente diversi dal gruppo naive. Inoltre, in seguito a 7 giorni di trattamento con FLX/ASA o ESC i livelli molecolari di mRNA di IL-6 sono statisticamente diminuiti rispetto agli animali naive. Abbiamo valutato anche i livelli di mRNA e proteina del recettore dei glucocorticoidi (GR), dato il ruolo chiave del corticosterone nel mediare gli effetti negativi dello stress anche a livello centrale e il ruolo dell’asse HPA nell’eziopatogenesi della depressione. Dai risultati non è emersa nessuna variazione significativa dell’espressione di GR tra i gruppi sperimentali, mentre i livelli proteici risultano statisticamente aumentati in estratto totale di ipotalamo sia nel gruppo FLX/ASA che nel gruppo ESC rispetto al relativo controllo. I risultati molecolari abbinati a quelli comportamentali suggeriscono che il modello del deficit di fuga cronico possa essere uno strumento prezioso per approfondire i meccanismi alla base dell’azione dei farmaci antidepressivi. Visti i numerosi dati che associano alterazioni del sistema immunitario e depressione, la diminuita espressione ipotalamica di IL-6, da noi dimostrata, potrebbe rappresentare un evento fondamentale nel determinare l’efficacia terapeutica.
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