Riassunto analitico
La legge 19 maggio del 1975, n. 151 ha introdotto nell’ordinamento italiano un nuovo istituto giuridico, l’impresa familiare. In ambito civilistico, la riforma del diritto di famiglia, è finalizzata al superamento della presunzione di gratuità del lavoro prestato nella famiglia da parte di un familiare collaboratore e al contempo è volta a garantire agli stessi sia diritti patrimoniali sia diritti amministrativo-gestori. L’obiettivo del legislatore è, pertanto, quello di dettare una disciplina di chiusura del sistema al fine di evitare che il lavoro prestato da un familiare all’interno dell’impresa e all’interno della famiglia stessa, potesse rimanere, come era accaduto in passato, privo di adeguate tutele. Se da un lato il legislatore sul piano civilistico è intervenuto per assicurare diritti e tutele ai familiari collaboratori, dall’altra parte, contestualmente, in ambito tributario, è intervenuto a favore del titolare dell’impresa, assicurando a quest’ultimo un regime fiscale agevolato. Il legislatore, infatti, attraverso l’art. 5, comma 4, T.U.I.R., introducendo lo splitting fiscale, e, quindi, permettendo al titolare di ripartire il reddito prodotto dall’impresa con i collaboratori per un ammontare non superiore al 49%, ha ridotto il carico fiscale, causato dalla progressività dell’IRPEF. I dubbi e le incertezze sorti rispetto la disciplina civilistica e fiscale dell’impresa familiare, nell’ambito della famiglia tradizionale-cattolica, sono incrementati a causa dei successivi interventi legislativi rispetto alla gestione dell’impresa familiare tra persone unite civilmente dello stesso sesso e tra persone conviventi. Il legislatore attraverso la legge n. 76/2016 (legge Cirinnà) ha ampliato il perimetro del diritto di famiglia, istituendo e regolamentando le unioni civili per le coppie omosessuali e attribuendo maggior rilevanza giuridica alle convivenze, sia dello stesso sia di diverso sesso.
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