Riassunto analitico
In questo elaborato sono stati utilizzati i micro-dati forniti da Banca d’Italia e Istat per analizzare il risparmio delle famiglie italiane nel decennio 2002-2012. Si è scelto, nello specifico, di esaminare questo decennio per cercare di valutare in che modo e con quale intensità sono cambiati i comportamenti di risparmio familiare in Italia a seguito della recente crisi economica. Secondo i dati della Banca d’Italia, tra il 2002 e il 2012 si è osservato un periodo di forte riduzione del tasso di risparmio familiare. Tale crollo ha interessato in particolar modo la fascia giovane della popolazione di capifamiglia italiana, coloro i quali possiedono solo un titolo di studio elementare o di scuola media inferiore e gli individui che appartengono a quelle categorie della forza lavoro considerate “deboli” (disoccupati, casalinghe, soggetti in cerca di prima occupazione, ecc.). Le analisi realizzate coi dati dell’Istat, pur tuttavia, hanno condotto a risultati radicalmente diversi. Secondo l’Istat, infatti, nel decennio 2002-2012 il tasso di risparmio familiare in Italia è aumentato di quasi sette punti percentuali. Tale incremento del risparmio ha interessato principalmente le classi d’età centrali della popolazione, i capifamiglia che possiedono un titolo di studio elementare o di scuola media inferiore e i lavoratori indipendenti. Inoltre, sebbene l’Istat attribuisca la propensione al risparmio maggiore agli anziani, in linea con la teoria del ciclo di vita, i suoi dati mostrano anche dei profili di risparmio regionale completamente opposti a quelli della Banca d’Italia. L’enorme diversità nei trend dei tassi di risparmio familiari probabilmente si basa sui differenti trend che caratterizzano redditi e consumi dei due dataset. Secondo i dati della Banca d’Italia, infatti, il reddito delle famiglie italiane è diminuito molto più del loro consumo nell'ultima decade, e questo ha portato a una riduzione del tasso di risparmio. Viceversa, secondo i dati Istat, il consumo delle famiglie italiane è diminuito molto più del loro reddito nello stesso arco temporale, determinando dunque non una riduzione del tasso di risparmio, bensì un suo aumento. Per comprendere quale delle due serie di micro-dati sia quella ad “avere ragione”, viene proposta all'interno dell’elaborato anche una comparazione di queste due serie con una terza serie, realizzata con i dati della contabilità nazionale, la quale si verifica avere un andamento analogo a quello dei dati della Banca d’Italia. Sembrerebbe quindi che il tasso di risparmio delle famiglie italiane sia davvero bruscamente diminuito, e non aumentato, negli ultimi dieci anni. Tuttavia, tale conclusione potrebbe essere interdetta dal fatto che i consumi Banca d’Italia hanno un’entità e un andamento decisamente diversi da quelli che caratterizzano i consumi Istat che, in linea teoria, dovrebbero essere più affidabili e precisi visto che scaturiscono da un’indagine con centinaia di domande riguardanti la spesa per i consumi familiari. In conclusione, considerata l’indiscussa professionalità e competenza con cui sicuramente le indagini Banca d’Italia e Istat sono state realizzate e considerato che, per quanto i due campioni siano diversi nella loro composizione, entità e tecnica di campionamento, essi sono sempre stati costruiti in modo tale da essere resi il più possibile rappresentativi della popolazione totale, dunque, non sembra possibile affermare con certezza quale delle due risultanze sull'andamento del tasso di risparmio in Italia sia davvero quella “corretta”, valutando plausibili entrambe benché opposte nelle loro implicazioni finali e rimandando una più certa risposta a studi futuri sull'argomento.
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