Riassunto analitico
La leucemia linfatica cronica (LLC) è un disordine linfoproliferativo cronico acquisito caratterizzato dalla proliferazione e dal progressivo accumulo clonale di linfociti CD5+ e CD23+ maturi, ma funzionalmente incompetenti, nel sangue periferico, nel midollo osseo e nei tessuti linfoidi. Si tratta di una patologia biologicamente e clinicamente estremamente eterogenea: alcuni pazienti possono vivere per anni senza necessitare di alcuna terapia, altri possono ottenere durature remissioni dopo trattamento, oppure ottenere una scarsa risposta ed andare incontro a morte entro pochi anni dalla diagnosi. Nel tempo sono stati definiti diversi fattori prognostici correlati all’outcome clinico dei pazienti con LLC e, in particolare, negli ultimi anni l’attenzione si è focalizzata sulla ricerca di fattori prognostici citogenetici e genetici. Tra questi si annoverano la delezione del braccio corto del cromosoma 17 (del(17p)), la mutazione dei geni della catena pesante delle immunoglobuline (IgHV), e le mutazioni dei geni p53, NOTCH1, SF3B1 e BIRC3. A discapito della sua natura spesso indolente, la LLC è una malattia incurabile. Da anni l’immunochemioterapia rappresenta l’approccio terapeutico standard. Recentemente, i nuovi farmaci inibitori della via di segnalazione del B-cell receptor (BCR), come Ibrutinib ed Idelalisib, hanno mostrato un buon tasso di risposta globale (ORR) e un buon profilo di tossicità, modificando la storia naturale soprattutto dei pazienti ad alto rischio, o per la presenza per esempio della del(17p) e/o della mutazione di p53 o perché recidivati entro i 24 mesi dopo un trattamento di chemioimmunoterapia di I° linea. Ibrutinib è il primo inibitore covalente della chinasi BTK (Bruton’s tyrosine kinase), una chinasi che riveste un ruolo centrale nella via di segnalazione del BCR, che a sua volta gioca un ruolo critico nello sviluppo e nell’espansione della malattia. Nell’ambito di diversi studi clinici Ibrutinib si è dimostrato essere un farmaco complessivamente ben tollerato. Tra gli effetti avversi più precoci di qualsiasi grado di severità si annoverano: diarrea (50-60%), citopenia (50-60%), nausea (40-50%), affaticamento (30-40%), spasmi muscolari o mialgie (30-40%), aumento del rischio di infezioni (soprattutto infezioni delle alte vie respiratorie) (30-35%), iperpiressia (20-25%), rash cutanei (20-25%), cefalea (10-14%), e sanguinamenti (10-14%). La forma di tossicità più comune è quella ematologica, la quale può presentarsi come neutropenia (10-15%), trombocitopenia (5-8%), e/o anemia (6-8%). La maggior parte di queste tossicità ematologiche e non ematologiche sono di grado 1-2, autolimitanti, e non si associano alla necessità di interruzione o riduzione del trattamento. Lo scopo di tale tesi è stato quello di analizzare l’efficacia e la tossicità di Ibrutinib in 35 pazienti trattati presso il Day Hospital dell’Ematologia dell’Ospedale Policlinico di Modena tra il 2013 e il 2017. I risultati ottenuti dal nostro studio confermano il buon profilo di tollerabilità e di efficacia di Ibrutinib nel trattamento sia dei pazienti naive che recidivati/refrattari, in linea con quanto riportato in letteratura.
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