Riassunto analitico
Background: L'ipogammaglobulinemia è un evento avverso noto del trattamento con anticorpi monoclonali anti-CD20. La sua prevalenza aumenta nel tempo durante il trattamento ed è associata al rischio di infezioni. Le informazioni sui profili di sicurezza dei diversi anticorpi anti-CD20 utilizzati nel trattamento della sclerosi multipla (SM) possono essere utili per le decisioni terapeutiche e per l'attuazione di strategie di mitigazione del rischio.
Obiettivi e metodi: L'obiettivo principale di questo studio multicentrico retrospettivo è stato valutare la frequenza dell'ipogammaglobulinemia nei pazienti affetti da SM e dai disturbi dello spettro della neuromielite ottica (NMOSD) trattati per almeno un anno con ocrelizumab (OCR) o rituximab (RTX), e la sua associazione con la comparsa di infezioni gravi (SI). Gli obiettivi secondari erano identificare i fattori predittivi di ipogammaglobulinemia e infezioni gravi.
Risultati: Sono stati inclusi 556 pazienti (533 SM, 23 NMOSD; 190 uomini, 366 donne, età media: 47 anni) con un follow-up medio di 29 mesi (intervallo: 12-90). Rispetto ai pazienti trattati con OCR (nr=399), i pazienti con RTX (nr=157) erano più anziani (53 vs 45 anni), più spesso in forma progressiva (67% vs 36%), con una maggiore disabilità (EDSS 5 vs 4) e una durata del trattamento più lunga (33 vs 28 mesi). L'ipogammaglobulinemia per le IgG è stata riscontrata nel 20% dei pazienti, mentre quella per le IgM nel 34%. Entrambe sono state significativamente più frequenti nel gruppo RTX (rispettivamente 25% vs 18% e 45% vs 29%) e si sono manifestate precocemente durante il trattamento con RTX, ma non c'è stata differenza nel tasso di incidenza tra i due farmaci. Il rischio di ipogammaglobulinemia per le IgG è stato influenzato dall'età ≥50 anni (OR 1,73), dalla terapia immunosoppressiva precedente (OR 1,60) e dal numero di cicli di trattamento (OR 1,15). Il rischio di ipogammaglobulinemia per le IgM è stato aumentato dalla terapia con RTX (OR 1,84) e dal numero di cicli di trattamento (OR 1,11).
In totale sono state registrate 357 infezioni durante il trattamento (tasso per 100 persone-anno: 26,3). Di queste, 25 sono state gravi e hanno richiesto il ricovero in ospedale (tasso per 100 persone-anno: 1,8). La maggior parte (76%) erano polmoniti correlate a Covid. Nell'analisi multivariata, solo il fenotipo della malattia (OR 1,50, IC al 95%: 1,02-2,20; p=0,039) e l'ipogammaglobulinemia per le IgG (OR 2,65, IC al 95%: 1,15-6,12; p=0,022) in qualsiasi momento durante il trattamento hanno aumentato il rischio di infezioni severe, mentre il rischio di infezioni gravi non correlate a Covid è stato influenzato solo dall'ipogammaglobulinemia per le IgG (OR 5,51, IC al 95%: 1,21-24,98, p=0,027). La contemporanea presenza di ipogammaglobulinemia per le IgG e per le IgM ha ulteriormente aumentato le probabilità di infezioni severe (OR 3,30, IC al 95%: 1,24-8,32; p=0,011).
Conclusioni: L'ipogammaglobulinemia per le IgG e per le IgM è stata riscontrata in una proporzione considerevole di pazienti affetti da SM trattati con anticorpi anti-CD20 e ha aumentato il rischio di infezioni gravi, sottolineando l'importanza del monitoraggio dei livelli di immunoglobuline all'inizio e durante il trattamento. L'ipogammaglobulinemia per le IgM è stata più frequente nei pazienti trattati con RTX rispetto a quelli trattati con OCR, ma le caratteristiche iniziali e la durata del trattamento differivano tra le due popolazioni. Sono necessari ulteriori studi, con periodi di follow-up più lunghi, per chiarire meglio i profili di sicurezza dei diversi anticorpi anti-CD20.
|