Riassunto analitico
Il presente elaborato ha l'obiettivo di fornire un quadro dettagliato e analitico della fattispecie del licenziamento ritorsivo. Il licenziamento ritorsivo, nello specifico, è una tipologia di recesso datoriale, frutto dell'elaborazione dottrinale, in seguito avallata dalla giurisprudenza, consistente nell'ingiusta e arbitraria reazione del datore di lavoro conseguente a un comportamento legittimo del lavoratore. All'interno di questo contributo, suddiviso in quattro capitoli, in un primo momento viene delineato il percorso tortuoso che ha portato alla nascita di questa figura, soffermandosi in particolar modo sul dibattito dottrinale (ancora in corso) circa la sua riconducibilità nell'ambito del licenziamento discriminatorio o in quello per motivo illecito, dopodiché si affronta il tema dell'onere della prova posta a carico del lavoratore e di gravosità tale da essere definita da alcuni interpreti come una vera e propria "probatio diabolica". La trattazione prosegue con l'esame del licenziamento per rappresaglia conseguente all'esercizio del diritto di critica, ponendo particolare attenzione alla casistica giurisprudenziale in tema di critica esercitata mediante l'uso dei "social network" e di critica c.d. "qualificata", in quanto effettuata dal lavoratore-sindacalista. Infine, gli ultimi due capitoli sono dedicati all'analisi delle Direttive (UE) 2019/1937 e 2019/1152, che hanno portato, rispettivamente, all'approvazione del D.lgs. n. 24/2023 in tema di "whistleblowing", e del D.lgs. n. 104/2022 c.d. "Decreto trasparenza" in tema di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili. I decreti legislativi menzionati, in attuazione delle direttive europee, introducono nell'ordinamento giuridico italiano, in caso di licenziamento o altre misure aventi carattere ritorsivo conseguenti all'esercizio dei diritti riconosciuti dai decreti stessi, un elaborato sistema di tutele, tra le quali figura il meccanismo di inversione dell'onere probatorio posto a beneficio del lavoratore.
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