Riassunto analitico
Il presente elaborato si pone l’obiettivo di mettere in evidenza l’impatto che il processo di digitalizzazione dell’economia e l’emersione di nuovi business models hanno avuto sulle regole relative alla fiscalità internazionale. Quest’ultime trovano la loro genesi nella prima metà del Novecento, quando la Società delle Nazioni era interessata a trovare soluzioni al fenomeno della doppia imposizione fiscale, emerso tra fine ‘800 e inizio ‘900 in un periodo di forte crescita del commercio internazionale. La fiscalità internazionale si è poi affermata nel dopoguerra, grazie soprattutto al modello di convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni – periodicamente aggiornato (l’ultima versione risale al 2017) – e alle oltre tre mila convenzioni bilaterali oggi in vigore stipulate dagli Stati. Questo modello è inevitabilmente andato in crisi con lo sviluppo dell’economia digitale, visto che le vecchie regole prendevano in considerazione un modo di fare impresa legato al territorio. Tuttavia, le nuove tecnologie hanno consenito alle imprese di effettuare attività d’impresa, anche su larga scala, in determinate giurisdizioni estere senza esservi fisicamente presenti. Si intuisce, così, come sia necessario pensare ad un adeguamento delle regole vigenti alla nuova realtà che cambia. A tal fine, si inserisce la cd “Two pillar solution” dell’OCSE, che – attraverso il primo pilastro – ha l’obiettivo di cambiare i criteri di redistribuzione dei diritti impositivi tra source jurisdiction e home jurisdiction, e di introdurre un’imposizione minima effettiva del 15% per le grandi multinazionali (secondo pilastro). Tra l’altro, si evidenzia come l’Unione Europea abbia già introdotto la propria minimum tax (Direttiva 2022/2523/UE) e come il legislatore abbia già provveduto al suo recepimento (d.lgs. 27 dicembre 2023, n. 209). Infine, viene riservata particolare attenzione alla principale alternativa all’implementazione del primo pilastro. Infatti, diversi Stati hanno deciso di non attendere i tempi sempre più lunghi relativi allo sviluppo della proposta dell’OCSE e di rendere soggette ad imposizione fiscale – con l’introduzione di una Digital Services Tax (DST) – le imprese che forniscono determinati servizi digitali ad utenti localizzati nel loro territorio.
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