Riassunto analitico
Nel corso del mio elaborato intendo affrontare le problematiche sottese all’accertamento della responsabilità penale per malattie e morti da esposizione a sostanze tossiche, le quali da tempo tormentano sia la giurisprudenza che la dottrina italiana. Con i toxic cases, emergono questioni relative alla prova dei nessi causali e alla conoscibilità dei rischi nelle epoche in cui si verificarono le esposizioni causalmente rilevanti. La casistica in esame, sia nell’esperienza statunitense che in quella italiana, vede come caratteri ricorrenti: l’esposizione prolungata a fattori che non manifestano immediatamente i loro effetti nocivi sull’uomo, bensì dopo un periodo di tempo di incubazione anche piuttosto lungo; l’incertezza scientifica circa i meccanismi eziologici che legano l’esposizione alla malattia; il numero elevato delle vittime, o delle presunte; la multifattorialità delle patologie, che possono essere riscontrate anche nella popolazione non esposta alla sostanza tossica o nociva. Sono proprio queste caratteristiche la causa di una così difficile prova di accertamento della responsabilità e della causalità in un procedimento penale per omicidio colposo o lesioni colpose dovuti all’esposizione di una sostanza tossica, in particolare sui luoghi di lavoro. I vari aspetti di queste difficoltà verranno messi in luce: nel primo capitolo, nel quale si tratterà delle questioni attinenti all’accertamento della responsabilità; e nel secondo capitolo, in cui si affronteranno le questioni circa l’accertamento della causalità. Un’attenzione particolare viene riposta sull’epidemiologia, scienza che studia l’incidenza di una malattia su una popolazione e i cui studi sono diventanti nel corso del tempo un importante strumento per il processo penale, nonostante si siano accese numerose discussioni in merito all’effettiva operatività di questa scienza nell’ambito processuale panale. All’inizio, la scena processuale è occupata dalle vicende connesse a malattie e morti da amianto, il cui uso è stato vietato nel 1992, ma ha continuato a causare vittime per diverso tempo a causa della lungo latenza delle patologie oncologiche che provocava. Negli anni ’90, il protagonista è il procedimento di Porto Marghera, nel quale si cerca di ottenere giustizia per i decessi causati dall’angiosarcoma epatico, tumore correlato all’esposizione al CVM. La vicenda del Petrolchimico – di cui si tratterà piuttosto ampiamente nel terzo capitolo – rappresenta un punto di svolta per la storia dei toxic cases italiani: da questo momento in poi non riguarderanno più soltanto il ristretto settore delle malattie professionali, ma ricomprenderanno anche le problematiche sottese alla tutela penale della salute pubblica. Nell’ultima parte dell’elaborato ,le conclusioni, si cerca di tirare le fila del discorso, riepilogando le difficoltà e le criticità che hanno accompagnato dottrina e giurisprudenza negli anni, e cercando di fare chiarezza su quelle che parrebbero rappresentare – oltre ai traguardi raggiunti con Porto Marghera - possibili risposte del diritto penale a fronte delle questioni sollevate dalla casistica dei toxic cases, ad esempio l’elaborazione della nuova categoria degli ecoreati.
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