Riassunto analitico
Con il presente elaborato, si è analizzato l’istituto dell’archiviazione, inizialmente partendo dal origine: la prassi e le prime codificazioni. In seguito, sono stati presi in considerazione gli antecedenti storici dell’archiviazione, ossia il d. l. l. 14 settembre 1944, n. 288, la «bozza Carnelutti», la legge delega del 1974 e il progetto preliminare del 1978, fino a giungere alla disciplina delineata nella legge delega del 1987 e quindi nel codice del 1988. Dall’evoluzione storico-normativa dell’istituto si comprende come ad esso siano legati sforzi del legislatore nella predisposizione di un meccanismo di controllo sulla scelta del pubblico ministero di non esercitare l’azione penale. L’obbiettivo è stato sempre quello di «scoraggiare le archiviazioni arbitrarie» le scelte discrezionali e, in definitiva, «scongiurare l’alea di despotiche valutazioni contra legem» del pubblico ministero garantendo così i principi di legalità e obbligatorietà dell’azione penale. L’obbligo di esercizio dell’azione penale sancito dall’art. 112 Cost., impone il pubblico ministero, qualora esistano i presupposti, di agire nei confronti del presunto reo. Il pubblico ministero deve domandare l’archiviazione tutte le volte in cui mancano i presupposti positivi per esercitare l’azione penale. Infatti, ai sensi dell’art. 405 c.p.p. «[i]l pubblico ministero, quando non deve richiedere l’archiviazione, esercita l’azione penale». Successivamente, nel secondo capitolo sono stati analizzati i presupposti della richiesta di archiviazione tra cui l’infondatezza della notizia di reato, a sua volta apprezzata alla stregua della regula iuris tracciata dall’art. 125 disp. att. c.p.p.. Infatti, «Il pubblico ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione quando ritiene l’infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere accusa in giudizio», cioè, quando la piattaforma probatoria formata dal pubblico ministero è così inconsistente da rendere «azzardata o comunque processualmente insostenibile» la determinazione di agire. La Corte Costituzionale nella famosa sentenza del 15 febbraio 1991, n. 88 ha incisivamente affermato, che il problema della archiviazione sta nell’evitare il processo superfluo senza eludere il principio di obbligatorietà dell’azione penale ed anzi controllando, caso per caso, la legalità della inazione. Coerentemente, sono stati esaminati gli altri casi di archiviazione: la mancanza di una condizione di procedibilità, l’estinzione del reato e la non previsione legislativa del fatto come reato, per i quali vigono le medesime regole di valutazione definite per «infondatezza» della notizia di reato. È stata analizzata anche l’«inedita» causa di archiviazione della notitia criminis inserita nell’art. 411 c.p.p., il quale precisa che la persona sottoposta alle indagini non è punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p. per particolare tenuità del fatto. In questo caso, il pubblico ministero deve notificare la richiesta di archiviazione non solo alla persona offesa, come prevede la disciplina dell’archiviazione «tradizionale», ma anche alla persona sottoposta alle indagini. In seguito, sono stati analizzati i provvedimenti del giudice a seguito dell’archiviazione de plano e dell’udienza camerale in sede di archiviazione. Infine, con il presente elaborato sono stati esaminati: l’istituto dell’opposizione e quello di avocazione. In questo senso, sono state evidenziate le prerogative della persona offesa nell’ambito del procedimento archiviativo, le cause di inammissibilità dell’opposizione, nonchè i presupposti dell’avocazione.
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