Riassunto analitico
Lo Pseudoxantoma elastico è una rara patologia genetica a trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata da mineralizzazioni aberranti a carico del tessuto connettivo lasso con conseguente frammentazione delle fibre elastiche, principalmente a carico di cute, occhi e sistema cardiovascolare. Il gene responsabile è ABCC6 codificante per la proteina trasportatrice MRP6. Attualmente, non è stato possibile stabilire una correlazione genotipo-fenotipo, vista la notevole eterogeneità fenotipica riscontrata anche tra pazienti con lo stesso genotipo. Allo stesso modo, non esistono dati sufficienti per definire una prevalenza geografica della patologia; alcuni tra gli studi finora svolti, consentono di valutare la frequenza di specifiche mutazioni in popolazioni differenti. A oggi, sono state identificate più di 300 mutazioni sul gene ABCC6, descritte in oltre 1000 alleli mutanti. Le mutazioni individuate sono caratterizzate da una notevole eterogeneità che riguarda il tipo di mutazione e la porzione del gene che essa colpisce. Le mutazioni più ricorrenti nella popolazione europea sono: p.R1141*collocata sull'esone 24, p.Q378* nell'esone 9, p.R518*e p.R518Q entrambe nell'esone 12. Nel nostro laboratorio, l’iter diagnostico seguito si basa su specifiche tecniche di biologia molecolare, che, grazie al sequenziamento diretto, forniscono i dati necessari per rilevare variazioni patogenetiche e non, nella sequenza nucleotidica del paziente in esame. Talvolta, la scarsa prevalenza della patologia, rappresenta un ostacolo nel definire il reale effetto di determinate alterazioni a livello proteico, da qui la necessità di aumentare la casistica analizzata per ampliare i dati a nostra disposizione. Alla luce di queste considerazioni, sono stati presi in esame 21 pazienti di origine spagnola, i cui campioni sono giunti al nostro laboratorio condiagnosi clinica di sospetto PXE, per poter essere sottoposti all’analisi molecolare del gene ABCC6 in modo da evidenziare le eventuali alterazioni patogenetiche. I dati ottenuti sono stati confrontati con quelli emersi dalla genotipizzazione di una coorte di 21 pazienti italiani, al fine di valutare eventuali differenze e/o similarità nella tipologia e frequenza delle variazioni riscontrate. In particolare sono state prese in esame le mutazioni patogenetiche classificandole come missenso, nonsenso, frameshift e alterazioni dei siti di splicing. Successivamente, anche in base alla frequenza delle alterazioni causative più comuni, sono stati evidenziati gli esoni caldi. Inoltre, è stata valutata la presenza del polimorfismo R1268Q, a livello dell’esone 27, apparentemente correlato, secondo dati riportati in letteratura, ad un peggioramento del fenotipo oculare. I risultati ottenuti hanno evidenziato che, il grado maggiore di diversità, riguarda la tipologia delle varianti rilevate e la frequenza del polimorfismo. Le similarità più evidenti riguardano invece la frequenza di tre tra le alterazioni più comuni: R518Q, R518*e R1141*. Evidenti peculiarità emergono dall’analisi degli esoni caldi, così come dal ritrovamento di mutazioni differenti nelle due popolazioni. È strettamente necessario tenere presente che, la coorte di pazienti presa in esame, non consente ne di raccogliere dati statisticamente significativi, ne di attribuire una valenza certa alle alterazioni non presenti in letteratura. Inoltre, la mancanza di dati relativi al quadro clinico dei pazienti spagnoli, non consente di valutare il possibile ruolo del polimorfismo preso in esame, nel fenotipo oculare dei pazienti in cui esso è stato riscontrato. Serviranno studi successivi per ampliare i risultati ottenuti, attribuendogli una valenza statistica che, insieme all’acquisizione di dati relativi al quadro clinico, apra la strada ad una possibile correlazione genotipo-fenotipo, mettendo ulteriormente in luce eventuali differenze tra popolazioni.
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