Riassunto analitico
La tesi è stata elaborata in ragione del paternalismo sociale orientato ad accusare il datore di lavoro per gli eventi nefasti che ancora oggi purtroppo trovano luogo nel contesto lavorativo. Infatti, nonostante la disciplina prevenzionistica nel corso del tempo sia stata oggetto di evoluzione normativa generata dal progresso economico e dalle spinte sociali, la cristallizzazione dei delitti contro la persona dimostra il fallimento delle politiche e della disciplina orientate a garantire la sicurezza sul luogo di lavoro. Nel mio testo, dopo aver analizzato il progresso precettistico che ha forgiato la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, mi sono occupata di esaminare i singoli custodi designati ad assicurare condizioni di sicurezza. Difatti la prospettiva di tutela aspira ad intervenire in via preventiva, individuando e gestendo le possibili situazioni rischiose, per scongiurare la cristallizzazione degli eventi lesivi. Si evince come nelle realtà aziendali sia indispensabile predisporre un modello partecipativo diretto a perseguire il programma sopr’anzi esposto e questo si traduce in una maggiore responsabilizzazione che genera un’estensione del c.d. debito di sicurezza, verso anche il principale destinatario del sistema in questione: il lavoratore. Con l’avvento degli anni ’90 e soprattutto con il recepimento della direttiva-quadro 89/391/CEE, è stato riconosciuto al lavoratore un ruolo attivo dentro la realtà aziendale, prevedendo specifici obblighi che conducono ad obliterare la sua posizione ancillare in materia di sicurezza. Il nucleo del mio elaborato polarizza l’attenzione sul ruolo della condotta del lavoratore nel reato perché, sebbene la dottrina esorti la giurisprudenza ad attribuire maggiore rilevanza al comportamento del lavoratore, allo stato attuale quest’ultima si dimostra restia a sostenere la rilevanza, sul piano causale, del contributo del subordinato in sede di imputabilità.
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Abstract
The thesis was developed due to the social paternalism inclined to charge the employer with the nefarious events which still nowadays take place at work. Indeed, in spite of the fact that, over the course of time, the prevention discipline has undergone regulatory evolution generated by economic progress and social drives, the realization of crimes against the person reveals the weakness of the policies and discipline aimed at guaranteeing safety in the workplace.
In my text, after reviewing the perceptual progress that has forged occupational health and safety protection, I set out to examine the individual custodians designated to ensure safe conditions. On the top of that, the perspective of protection aspires to intervene in a preventive way, identifying and managing the possible risky situations, in order to avoid the crystallization of damaging events.
You can deduce that, in the corporate reality, it is essential to set up a participatory model to pursue the above program and this involves a greater sense of responsibility that generates an extension of the so-called security debt, towards the main recipient of the system that is in up in the air: the worker.
Furthermore, in the 1990s, after the implementation of the framework directive 89/391/EEC, the worker has been recognized as having an active role within the company, with specific obligations that lead to the obliteration of his ancillary position in safety matters.
The paramount of my paper concerns the role of the worker’s conduct in the crime because, even though the doctrine urges the jurisprudence to attribute more relevance to the behavior of the worker, currently the latter is reluctant to support the crucial on the causal level of the contribution of the subordinate in the imputabiliy.
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