Riassunto analitico
All’interno del preambolo della Dichiarazione dei diritti del fanciullo, adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 1959, si afferma che i minori, a causa della loro immaturità fisica ed intellettuale, necessitano di una particolare protezione e di cure speciali, compresa un’adeguata protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita. Invero il superamento della considerazione del bambino come semplice oggetto del diritto, ha permesso allo stesso di godere di diritti propri che gli devono essere garantiti attraverso gli strumenti che la società mette a disposizione della collettività; tra questi rientrano una serie di tutele giurisdizionali, che devono essere garantite, sia nel caso in cui il minore risulti autore del reato, all’interno del relativo procedimento minorile, sia quando il suo coinvolgimento in un contesto processual-penalistico dipenda dalla necessità di non rinunciare agli elementi di prova dei quali lo stesso può essere a conoscenza, come testimone o come vittima del presunto reato per il quale si procede. Di fatto, la raccolta e la valutazione della prova testimoniale del minorenne, sono indubbiamente momenti assai particolari che implicano una elevata professionalità ed una conoscenza multidisciplinare da parte degli operatori coinvolti, i quali dovranno confrontarsi con aspetti di significativa complessità, non solo dal punto di vista giuridico, ma altresì psicologico e sociale. Occorre, infatti, considerare che nella maggior parte dei casi in cui il soggetto minore d’età è coinvolto all’interno di un processo, le proprie dichiarazioni costituiscono la prova principale per l’accertamento della responsabilità penale di uno o più adulti, pertanto tale aspetto ha senza dubbio inciso sull’approfondimento, non solo normativo, ma anche giurisprudenziale, della disciplina a riguardo, oltre che su un progressivo affinamento delle prassi, i cui contenuti contribuiscono a rendere i diritti partecipativi, informativi e di protezione, attribuiti ai minori dalla normativa, effettivi da un punto di vista pratico. Invero, si tratta di una materia in continua evoluzione, la quale è condizionata inevitabilmente dal tentativo del legislatore di adeguare la disciplina interna ai principi vigenti, già da tempo, a livello sovranazionale per la tutela non solo del minore, ma altresì della vittima del reato, per la quale si sta lentamente creando un adeguato spazio all’interno del processo, in precedenza esclusivamente reo-centrico. L’obiettivo del suddetto elaborato è quello di riportare il lungo percorso di modifica della disciplina nazionale, volto, in primo luogo, ad attribuire maggiore rilievo alla figura del minore come soggetto vulnerabile e, come tale, portatore di maggiori diritti e garanzie, utili per favorirne non solo la partecipazione all’attività procedimentale, ma altresì al fine di proteggere lo stesso dal e nel processo; nello specifico verrà sottolineato come il riconoscimento al minore dello status di soggetto vulnerabile, attribuito sulla base di valutazioni extragiuridiche legate al caso concreto, consentirà non solo di ampliare quantitativamente il novero dei soggetti tutelati, ma di offrire garanzie estremamente personalizzate in grado di limitare, in modo significativo, il rischio di vittimizzazione secondaria. In secondo luogo, si vedrà come il risalto disposto dalla normativa nei confronti della vittima abbia poi portato il legislatore ad individuare un percorso speciale per l’acquisizione della prova dichiarativa che potesse tutelare le caratteristiche e le necessità del teste vulnerabile dal punto di vista sostanziale, estendendo le limitate previsioni dettate originariamente dal codice per le sole fasi dell’incidente probatorio e del dibattimento, alla prima fase delle indagini preliminari ecc.
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