Riassunto analitico
La Vicenda giudiziaria ThyssenKrupp, la cui sentenza delle Sezioni Unite si presenta come un leading case nel tracciare il confine tra dolo eventuale e colpa cosciente, è una delle più celebri e controverse vicende giudiziarie riguardante la delicata tematica, propria del diritto penale sostanziale, della colpevolezza. Degna di nota è l’attenzione che ha rivolto alla necessaria relazione tra il diritto penale d’impresa e la giustizia penale; tenendo conto di quella che era la scarsa efficacia general preventiva dell’interventismo penale in materia di impresa, e la correlata necessità di dissuadere i garanti dal violare le misure cautelari, la decisione dei giudici di Cassazione vuole evitare, però, di ricadere in un eccesso di prevenzione generale, causato da scelte di politica criminale che intendono utilizzare il diritto penale con funzione stigmatizzante, ossia condannando come doloso un atteggiamento (nel campo della sicurezza sul lavoro) tipicamente soggetto ad un rimprovero per colpa. Questione centrale della pronuncia delle Sezioni Unite è la problematica tendenza ad oggettivizzare e normativizzare il dolo; troppe decisioni, infatti, anche se molte solo in primo grado, espandevano la categoria del dolo eventuale fino ad oggettivizzarne i requisiti, giungendo ad ipotizzare un dolus in re ipsa, ossia un atteggiamento doloso proprio dell’affrontare un rischio elevato. Giungendo alla conclusione che non esiste un comportamento tipico di dolo eventuale senza una dettagliata analisi motivazionale del soggetto, la sentenza dell’ultimo grado di giudizio rimarca la necessità di delineare la differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente sul piano volitivo, guardando all’ aspetto soggettivo, nonostante la comprovata complessità probatoria nell’ attingere alla sfera interiore dell’agente. Fondamentale, quindi, per accertare a giudizio l’elemento soggettivo, l’analisi degli indicatori del dolo (tra i quali spicca la nota c.d. prima formula di Frank), indizi dell’elemento soggettivo volitivo non ancora, però, sufficienti per la concreta prova di questo; difatti il dolo, con la pronuncia delle Sezioni Unite, da accettazione del rischio di verificazione dell’evento diviene accettazione dell’evento, richiedendo per la sua integrazione la difficoltosa prova dell’adesione interiore dell’agente all’evento. Pertanto, piuttosto che una risposta penale che attribuisca al soggetto agente un animus diverso da quello che gli era proprio al momento della condotta, stressando la categoria del dolo eventuale a ragione di scopi general preventivi, il diritto penale del lavoro dovrebbe riformarsi investendo nella prevenzione delle condotte pericolose per la vita e l’incolumità dei lavoratori, al fine di evitare la verificazione di questi eventi lesivi e dissuadere i garanti dal violare le misure cautelari in materia di sicurezza sul lavoro. E, sarebbe giusto non dimenticare mai, in dubbio pro reo in dubbio pro culpa.
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