Riassunto analitico
I sistemi informatici di controllo remoto sono diventati uno strumento essenziale nelle indagini moderne e costituiscono un aiuto concreto agli investigatori che possono servirsi di tecnologie evolute per il perseguimento delle indagini. Il mutamento del contesto sociale ha fatto si che gli inquirenti si siano dotati di tecnologie sempre più complesse ed avanzate per il contrasto della criminalità, integrando i tradizionali mezzi di ricerca della prova. Lo sviluppo di internet e degli strumenti che permettono un collegamento alla rete, quali computer, smartphone o tablet, ha permesso una radicale modifica delle abitudini delle persone e delle relazioni sociali. Molti dei nostri attuali comportamenti quotidiani sono accompagnati dall’utilizzo di strumenti informatici, dagli spostamenti in auto agli acquisti online, tanto che si può parlare di una c.d. datizzazione della società. Il captatore informatico, conosciuto anche come trojan horse, è un particolare virus che viene inoculato nel sistema informatico del soggetto che si intende spiare senza autorizzazioni e senza che il soggetto ne venga a conoscenza, al fine di trafugare informazioni o causare malfunzionamenti agli apparecchi. Il captatore informatico, sebbene consenta investigazioni molto efficaci, è allo stesso tempo uno strumento estremamente invasivo e potenzialmente lesivo della privacy del soggetto indagato. Si è ravvisata la necessità di un bilanciamento tra quelle che sono le esigenze investigative e la segretezza delle comunicazioni, evitando che quest’ultimo diritto sia eccessivamente compresso. Proprio per garantire il contradditorio e il corretto bilanciamento tra l’interesse investigativo e la tutela della riservatezza, il legislatore è intervenuto con il d.lgs. n. 216 del 2017, c.d. Riforma Orlando. La riforma ha avuto il merito di disciplinare anche l’utilizzo del trojan horse: il suo utilizzo è diventato imprescindibile nella conduzione di indagini complesse, ma la tutela dei diritti individuali delle persone indagate impone una precisa delimitazione operativa sull’utilizzo di questo importante strumento. Tuttavia, la riforma introdotta dall’allora guardasigilli Orlando, la cui entrata in vigore era inizialmente prevista per il 26 luglio 2018, è stata oggetto di numerose proroghe, ed è stata a sua volta modificata inaspettatamente a distanza di pochi anni prima dalla legge 3 gennaio 2019 (c.d. Spazzacorrotti), la quale ha ampliato l’utilizzabilità del trojan nei luoghi di privata dimora, assimilando i delitti commessi da pubblici ufficiali contro la p.a. (puniti con la pena della reclusione non inferiore a 5 anni) ai reati di criminalità organizzata e di terrorismo. In seguito, il d.l. n. 161 del 30 dicembre 2019 (riforma c.d. Bonafede), convertito con modificazioni dalla legge n. 7 del 28 febbraio 2020, ha apportato numerose modificazioni alla disciplina generale delle intercettazioni, intervenendo anche in tema di captatore informatico. In realtà, le tre riforme hanno disciplinato solo un uso limitato del captatore, riducendo le potenzialità tecniche investigative. L’utilizzo del trojan è infatti circoscritto alle sole intercettazioni ambientali con l’attivazione del microfono, escludendo qualsiasi altra informazione recuperabile dai dispositivi, come ad esempio il trafugamento di messaggi di testo o fotogrammi salvati nella galleria. Inoltre, è possibile inoculare il virus nei soli dispositivi elettronici portatili (ad esempio gli smartphone) con esclusione dei dispositivi a postazione fissa.
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