Riassunto analitico
La fibrillazione atriale (FA), quando associata a cardiopatia ischemica, è caratterizzata da una elevata morbidità, mortalità e costi sociali. La gestione di questi pazienti rappresenta ancora oggi un problema non risolto. Il presente studio ha come obiettivo quello di valutare le differenze cliniche, strumentali, terapeutiche e di outcome nei pazienti con FA affetti da cardiopatia ischemica cronica (CHD) o Sindrome coronarica acuta (SCA). Sono stati analizzati 123 pazienti arruolati a Modena e inclusi nei due registri EORP e FAMO fino ad agosto 2017: è stata valutata la storia clinica, la sintomatologia, la forma di FA, i fattori di rischio e le patologie associate. È stata inoltre valutata accuratamente la gestione terapeutica di questi soggetti prima e dopo l’arruolamento. Sono stati utilizzati alcuni strumenti, quali il CHA₂DS₂-VASc score e l’HAS-BLED score per il rischio tromboembolico ed emorragico e il Charlson Comorbidity Index (CCI) per la valutazione delle comorbidità. È stato poi ricercato e valutato l’endpoint combinato (episodio di sanguinamento,non preventivata sospensione della terapia antitrombotica,occlusione di stent preimpiantato,reinfarto e exitus) dall’arruolamento a settembre 2017. Lo studio ha confermato l’associazione tra queste 2 patologie ed alcune caratteristiche di questi pazienti (età avanzata,sesso maschile,ipertensione,valvulopatie,diabete,insufficienza renale..). La forma di FA permanente si è dimostrata quella più frequente (55,3% totale, 47,5% SCA, 59% CHD; p=0,43). La storia clinica ha mostrato un’importante complessità di questi pazienti (CCI ≥6 60,2% totale, 57,5% SCA, 61,4% CHD), sia per le co-patologie presenti che per la terapia. Inoltre,questi pazienti hanno presentato frequentemente un alto rischio sia emorragico (HAS-BLED ≥3 23,6% totale, 20% SCA, 25,3% CHD) che tromboembolico (CHA₂DS₂-VASc >2 Uomo/>3 donna nel 92,7%; 85% SCA; 96,4% CHD; OR 0,21; IC95% 0,05-0,90; p=0,023). Statisticamente significativi sono stati diversi dati ottenuti analizzando la storia coronarica di questi pazienti, sia in passato, quali un pregresso infarto (82,5% SCA, 57,8% CHD; p=0,007), una pregressa PCI (25% SCA, 59% CHD; OR 0,23; IC95% 0,10-0,54; p<0,001); sia in acuto, come l’angor (57,5% SCA, 2,4% CHD; OR 54,79; IC95% 11,79-254,72; p<0,001), l’esecuzione di una coronarografia (90% SCA, 13,3% CHD; OR 58,91; IC95% 17,53-198; p<0,001), di una PCI (57,5% SCA, 4,8% CHD; OR 26,72; IC95% 8,18-87,31; p<0,001) o di un bypass (15% SCA, 1,2% CHD; OR 14,47; IC95% 1,68-124,78; p=0,002). Le Linee Guida non hanno ancora delineato una terapia ottimale da intraprendere in questi pazienti e le attuali indicazioni presentano livelli di raccomandazione bassi. I pazienti presentavano una notevole eterogeneità per quanto concerne i farmaci prescritti. Uno dei problemi principali è rappresentato dalla triplice terapia antitrombotica post-angioplastica per SCA in questi pazienti (p=0,113) e sulla durata di tale regime terapeutico, visto l’alto rischio emorragico. La valutazione dell’endpoint combinato si è dimostrato essere più frequente nei pazienti con SCA e con pregresso bypass (p=0,037). Fattori indipendentemente associati all’endpoint combinato sono dimostrati essere il pregresso bypass (p=0,028) e l’HASBLED ≥ 3 (p=0,013). Lo studio ha confermato la complessità della terapia in questi pazienti: da un lato, le scarse evidenze scientifiche sulla migliore terapia da intraprendere; dall’altro, la complessità di questi soggetti, che comporta il dover intraprendere scelte terapeutiche non sempre concordi con quanto indicato nelle Linee Guida. Risulta infatti tutt’oggi difficile riuscire a pesare da un lato il rischio tromboembolico e dall’altro quello emorragico. Le prossime Linee Guida, come conseguenza di alcuni studi già pubblicati e altri che emergeranno, potrebbero portare ad un update nella gestione terapeutica di questi pazienti.
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