Riassunto analitico
L’elaborato si propone di apportare un contributo all’indagine giusfilosofica contemporanea attraverso una disamina a impronta tendenzialmente canonistica del pensiero e dell’opera di Dante Alighieri. Il metro critico d’indole letteraria oggetto delle attuali considerazioni si dimostrerà infatti foriero di considerazioni giuridiche da una portata sorprendentemente atemporale e individuerà segnatamente nel diritto canonico la branca del diritto deputata a testimoniare l’esemplare opportunità di un approccio spiritualmente orientato al fenomeno giuridico. Il proposito di intendere la letteratura dantesca quale strumento sempreverde e universale di indagine giusfilosofica dovrà però prendere atto della sua intrinseca velleità, ossia comprendere che senza gli opportuni emendamenti cognitivi non potrà seriamente pretendere di farsi spazio tra le logiche che informano l’attuale dibattito giuridico. In particolare, il necessario vaglio metodologico da apportare al detto metro critico sarà di duplice e antitetica natura: da un lato occorrerà ridimensionare la sua “idealità” e dell’altro accrescere la sua “storicità”. Per comprendere la tangibilità del proposito de quo, sarà utile innanzitutto muovere dall’esercizio di accostare l’ontologia del filone letterario dantesco alle due ancestrali correnti filosofiche da sempre utilizzate per incalzare qualsivoglia disquisizione in tema di disciplina del vivere sociale; onde prendere atto dei loro reciproci punti di forza e delle loro mancanze, per poi muovere inedite dissertazioni circa la loro possibile coesistenza normativa. Logica duale, quest’ultima, evidentemente colta dal diritto canonico, portavoce di un “equilibrio esemplare”, che contempla tanto le prerogative del giuspositivismo quanto le logiche sottese al giusnaturalismo, permettendo in tal modo che i loro rispettivi vizi si annullino vicendevolmente. Rileva precisare come il contributo che il presente lavoro si prefigge di offrire non risieda in un tanto erroneo quanto paradossale intento teso alla trasmigrazione di fonti canoniche all’interno dell’ordinamento statuale: l’opportunità coinciderà piuttosto con l’intendimento volto a informare l’attuale diritto statuale, ispirato da logiche squisitamente giuspositivistiche, altresì di una componente giusnaturalistica – così da compensare il suo deficit di idealità e per contro permette al diritto naturale di incrementare la propria storicità – in modo tale che questo “assetto ibrido” converga, ma solo dal punto di vista dei suoi meccanismi ispiratori ordinamentali, alle logiche anfibie proprie all’unicum della branca del diritto canonico. Beninteso, a tale convergenza statuale non verrà imputata la creazione di un “mostro giuridico”, quantomeno nella misura in cui sarà in grado di laicizzare, di volta in volta, i contenuti che assorbe dall’ordinamento canonico; in guisa da non turbare l’ossatura del proprio assetto ordinamentale, che già nei principi supremi costituzionali annovera proprio quello della laicità dello Stato. Le scelte di politica legislativa statuale, in questo senso, dovrebbero pertanto tracciare una linea discretiva tra “il merito” dogmatico della sfera del sacro e “il rito”, cioè il meccanismo formale attraverso il quale nell’ordinamento canonico la componente naturale si mescola – equilibrando e equilibrandosi – alla componente positiva umana; in guisa da fare propria e incardinare nell’ordinamento statuale solamente l’opportunità di quest’ultima logica normativa cd. di rito. Sarà solo a queste condizioni che la pertinenza della letteratura dantesca, nel primo capoverso definita quale metro critico d’indole letteraria utile all’indagine filosofica contemporanea, potrà esplicare la totalità della sua cogenza normativa.
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