Riassunto analitico
Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa cronica e progressiva, caratterizzata da degenerazione cerebrale associata a un declino progressivo delle funzioni cognitive ed intellettuali. Particolarmente colpiti da questo processo patologico sono i neuroni colinergici in specifiche aree cerebrali, quali ippocampo e diverse regioni della corteccia cerebrale. Malgrado le differenti cause scatenanti, un certo numero di vie e meccanismi fisiopatologici sono comuni a tutti i disordini neurodegenerativi acuti e cronici. Un ruolo fondamentale è giocato da eccitotossicità, stress ossidativo, disfunzione mitocondriale, risposta infiammatoria, apoptosi e difettosa autofagia, così come da meccanismi epigenetici. Trattamenti farmacologici in grado di intervenire su queste vie e/o meccanismi, potrebbero essere efficaci in diversi disturbi neurodegenerativi. Le melanocortine sono peptidi endogeni derivati dal precursore ormonale pro-opiomelanocortina, in grado di superare la barriera ematoencefalica, quando somministrati per via sistemica. Questi peptidi si sono dimostrati in grado di indurre neuroprotezione e neurogenesi in diverse condizioni sperimentali di neurodegenerazione acuta, con un recupero cognitivo di lunga durata. Prove indirette e dirette indicano che tale neuroprotezione si realizza attraverso l’attivazione del recettore melanocortinico MC4. In questa tesi ho studiato il possibile ruolo neuroprotettivo delle melanocortine in un modello di topo transgenico (Tg2576) della patologia di Alzheimer (AD) che mima le caratteristiche di un AD moderato umano. Sono stati utilizzati topi maschi Tg2576 di 24 settimane (all'inizio dello studio) che presentano la mutazione umana APPSwe. I controlli Tg2576 trattati con soluzione fisiologica hanno mostrato al termine dello studio (31 settimane di età) un peggioramento nell'apprendimento spaziale e nella memoria, associato ad una diminuzione della attività sinaptica e ad una serie di gravi alterazioni a livello della corteccia/ippocampo, come un aumento dei depositi di β-amiloide (Aβ) e perdita neuronale, rispetto agli animali wild-type (topi normali). I trattamenti dei topi Tg2576 con una dose nanomolare dell’agonista melanocortinico Nle4,D-Phe7-α-melanocita-stimolante (340 μg/kg, NDP-α-MSH), una volta al giorno fino alla fine dello studio (dalla 24°settimana fino alla 31°settimana), hanno ridotto, nell'ippocampo/corteccia cerebrale, i livelli dei depositi di Aβ, la perdita di neuroni, hanno migliorato le funzioni cognitive e indotto l’espressione del gene Zif268 (indice di una aumentata trasmissione sinaptica), rispetto agli animali Tg2576 trattati con soluzione fisiologica. Il blocco farmacologico del recettore MC4 melanocortinico, con l’antagonista selettivo HS024 (130 μg/kg, i.p., 20 min prima dell’agonista melanocortinico), ha prevenuto tutti gli effetti neuroprotettivi sopraesposti indotti dall' NDP-α-MSH. La presente ricerca ha identificato, per la prima volta, una classe di farmaci, gli stimolanti del recettore melanocortinico MC4, in grado di rallentare la progressione dell'AD moderato, avendo come bersaglio vie fisiopatologiche a monte e a valle delle proteine Aβ e tau. La possibilità, quindi, che le melanocortine possano essere fisiologicamente coinvolte nella neuroprotezione, attraverso i recettori MC4, anche in malattie neurodegenerative croniche come l’Alzheimer può rappresentare una importante rilevanza clinica.
|