Riassunto analitico
EFFETTO DELL’ADENOMIOSI SULL’OUTCOME DELLA FECONDAZIONE IN VITRO BACKGROUND L’adenomiosi è una patologia uterina solitamente diagnosticata nella 4^-5^ decade, ma i recenti metodi diagnostici (ecografia transvaginale 2D e 3D) permettono una diagnosi più precoce e indicano una possibile relazione tra la patologia e l’infertilità. Il suo effetto in donne infertili sottoposte a cicli di fecondazione in vitro (IVF/ICSI) è ancora controverso. Alcuni studi indicano un possibile effetto negativo, anche se l’eterogeneità tra gli stessi è alta. L’adenomiosi pare riduca i tassi d’impianto e le gravidanze cliniche e aumenti gli aborti spontanei. MATERIALI E METODI Questo è uno studio osservazionale prospettico che ha incluso 67 donne sottoposte al primo ciclo di IVF/ICSI presso il centro di Medicina della riproduzione del Policlinico di Modena. Delle 67 iniziali, 11 sono state escluse per non aver concluso il ciclo IVF con trasferimento di embrioni. Altre 6 hanno congelato gli embrioni dopo il pick up per rischio sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS) e hanno successivamente eseguito il transfer di uno degli embrioni congelati mediante ciclo di scongelamento embrioni, quindi sono state incluse nell’analisi. Lo studio è stato infine condotto su 56 pazienti, di cui 19 con una diagnosi ecografica di adenomiosi e 37 senza adenomiosi (controlli). SCOPI Calcolare il tasso di impianto (n° di camere gestazionali visualizzate/n° embrioni trasferiti) nei gruppi di donne con e senza adenomiosi. Confrontare riserva ovarica tramite conta dei follicoli antrali, n° ovociti recuperati, n° embrioni di buona qualità, % gravidanze biochimiche (beta-hCG positivo), % gravidanze cliniche, tasso di abortività precoce tra i due gruppi. L’analisi statistica è stata condotta con il software Stata12, per verificare differenze e associazioni tra le variabili dello studio. È stato considerato significativo un valore p <0.05. RISULTATI Non è stata riscontrata nessuna differenza significativa tra i due gruppi per età, BMI, durata dell’infertilità, % pazienti con pregressa chirurgia pelvica, a indicare che i due gruppi erano omogenei per caratteristiche basali. Inaspettatamente, i nostri dati mostrano una parità maggiore tra le donne con adenomiosi rispetto ai controlli, anche se la differenza non è del tutto significativa (p=0.06). La riserva ovarica non è risultata significativamente diversa nei due gruppi. Anche gli outcome relativi all’impianto (% gravidanze biochimiche, % gravidanze cliniche e tasso di impianto) non sono risultatati significativamente diversi tra i due gruppi: 47,37 vs 27,03 (p>0,05); 26,32 vs 24,32 (p>0,05); 0,27 vs 0,29 (p>0,05). È emersa un’aumentata abortività nel gruppo con adenomiosi rispetto ai controlli, ma non significativa probabilmente a causa della scarsità del campione (19vs37). CONCLUSIONI Non è emersa nessuna differenza significativa negli outcome del ciclo di PMA tra i due gruppi. Sebbene il nostro studio avesse i vantaggi di essere prospettico e di aver utilizzato lo stesso protocollo di stimolazione ovarica nel ciclo IVF per tutte le pazienti, i risultati contrastano con quelli di altri studi prospettici che evidenziano un impatto negativo dell’adenomiosi sugli outcome del ciclo. D’altra parte, per la scarsa numerosità del campione, I risultati del nostro studio non permettono di concludere che l’adenomiosi non ha impatto sull’impianto embrionale e l’abortività. Questo dato rimane dunque incerto. Si auspica che nel prossimo futuro possa essere condotto uno studio prospettico su un vasto numero di pazienti, per fornire le risposte che ancora mancano.
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