Riassunto analitico
I processi di neoliberalizzazione che negli ultimi tre decenni hanno investito il campo dell’istruzione, promuovendo come «autonomia scolastica» quella che di fatto era l’aziendalizzazione della scuola pubblica e la sua subordinazione al mondo dell’impresa, hanno impegnato anche qualunque altro campo della vita pubblica e privata, l’ambito nazionale e quello internazionale, non solo trasformando rapporti di lavoro, funzionamento degli stati, sistemi di governo, ma anche innescando e promuovendo una riconfigurazione dell’ordine simbolico che sta alla base del modo stesso in cui si considerano i rapporti sociali, si affrontano questioni etiche, si seguono ideali politici e principi morali. Nella tesi si tenta di recuperare uno sguardo sulla totalità dei fenomeni coinvolti dal neoliberalismo, mostrando come la «razionalità» che guida veri e propri processi di svuotamento dei rapporti democratici, favorisce una peculiare denazionalizzazione degli Stati e introduce sistemi di governance favorendo la sostituzione della politica con il management, sia la stessa razionalità veicolata da “riforme”, decreti legislativi, rapporti OCSE, libri bianchi, tavole rotonde ed altre iniziative del mondo degli industriali volte a trasformare la scuola nello spazio in cui deve iniziare la «mutazione antropologica» del cittadino in «imprenditore di sé». La tesi si divide in due parti, la prima delle quali è volta a porre in evidenza come nella «società della conoscenza» a venire a mancare sia una programmatica azione istituzionale di salvaguardia dei legami sociali, soggetti come sono a una riconfigurazione che li snatura e li dissolve perché tesa a renderli funzionali alla mera affermazione dei nuovi canali di valorizzazione del capitale. Il riconoscimento dei diritti si lega alla valorizzazione del «capitale umano» e la persona si trasforma in «risorsa». La seconda parte della ricerca è volta a mettere in luce quali processi e dinamiche abbiano portato alla pressoché totale subordinazione della scuola al mercato, tentando di mostrare come quello delle competenze non sia un mero approccio didattico, ma costituisca piuttosto una logica che affonda le sue radici nella storia del capitalismo stesso e alla quale corrispondono tecniche di valutazione funzionali al pieno inserimento del sistema d’istruzione nel ciclo produttivo. Questo è l’obiettivo perseguito dalle riforme e dagli atti legislativi che, in piena rispondenza agli stimoli e alle pressioni provenienti dagli organi sovranazionali e dal mondo imprenditoriale, non hanno fatto altro che costruire le condizioni del progressivo asservimento dei singoli istituti scolastici alle imprese del territorio e alla loro capacità di condizionare sempre più ampi settori dell’«offerta formativa». È con un tale genere di trasformazioni che si è tentato di far misurare alcuni docenti di una scuola secondaria di secondo grado, mediante un’indagine sul campo condotta nel 2019, costituita da una serie di interviste volte a catturare il modo in cui gli stessi insegnanti hanno vissuto i cambiamenti.
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