Riassunto analitico
La tesi sviluppa in tre capitoli un’indagine sul rapporto fondamentale fra religione e società, diritto e istituzioni romane arcaiche, onde comprendere quanto il fenomeno religioso, oggi svincolato dal diritto positivo, avesse assoluta rilevanza in ogni ambito. Il primo tratta delle primitive comunità, dalle quali si sviluppò l’ordinamento al nascere della civitas. Ne sono analizzati i profili principali, le origini ed il radicamento territoriale per comprendere le curie, vagamente sovrapponibili ai primordiali insediamenti romani, ed il ruolo delle legae religiosae e di un supposto stato-stirpe alle origini della cultura romana. Prosegue comparando rituali sacri di quelle piccole comunità insediate sui Colli Romani per spiegare come si pervenne al definitivo sinecismo dei villaggi in una unica comunità, Septimontium. Il secondo valuta le caratteristiche delle compagini sociali fondanti un ordinamento razionalmente organizzato come sarà quello romano. Si discute dell’essenza politica delle organizzazioni familiari e gentilizie e dunque delle origini dell’istituzione familiare. Per fare ciò si trae spunto dalle caratteristiche economiche e sociali del concetto di proprietà in Roma arcaica. Si esamina quindi il tipo di potere di cui era fornito il pater familias, la sua essenza religiosa ed il ruolo che la familia e la gens assumono nel momento in cui le istituzioni romane si consolidano, concludendosi nella presentazione dell’istituzione dei patres. Il terzo studia il potere e le forme di governo politico-religioso in Roma arcaica, contestualizzando anzitutto la figura del rex nell’ordinamento, passando poi ad analizzare le figure dell’augurium e quindi dell’auspicium, supponendo una corrispondenza logica fra quest’ultimo ed il potere. Si passa poi a definire il potere politico e quindi a contestualizzare la creatio del rex, prendendo in considerazione la figura dell’auspicium populi con la relativa lex curiata, e dell’auspicium dei patres, legata alla figura dell’interrex.
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