Riassunto analitico
La porfiria acuta intermittente (PAI) è un disordine ereditario del metabolismo dell’emoglobina trasmesso in maniera autosomica dominante a penetranza incompleta, dovuto al deficit del terzo enzima della via biosintetica la porfobilinogeno deaminasi (PBGD) o idrossimetilbilano sintetasi (HMBS). La malattia è caratterizzata dal susseguirsi di attacchi acuti (APAs) con manifestazioni neuroviscerali potenzialmente letali se non trattate. Il trattamento è basato sulla somministrazione in acuto di soluzione glucosata al 10-20% o di eme arginato (Normosang®) ev e sull’infusione 1-2 volte a settimana di eme arginato, come terapia di mantenimento nei pazienti con attacchi ripetuti e severi. La letteratura e i dati preliminari indicano che i pazienti affetti da PAI, specialmente quelli sintomatici in trattamento con eme arginato presentano vari gradi di accumulo di ferro. È stata anche osservata un’elevata frequenza di fibrosi epatica che sembra essere più marcata nei pazienti in trattamento con eme arginato. L’eme è infatti in grado di influenzare (direttamente o indirettamente) l’asse epcidina-ferroportina e i livelli cellulari e sistemici di ferro. Questa relazione può quindi indurre un deleterio circolo vizioso nei pazienti affetti da PAI, soprattutto in quelli sintomatici e in terapia che può portare verso l’evoluzione e la progressione della malattia. Ad oggi, tuttavia, i livelli di ferro nei pazienti affetti da PAI in condizioni basali o durante l’APA e sotto trattamento sia con eme arginato che con glucosata, non sono ancora stati studiati in maniera esaustiva. L’obiettivo principale del progetto consiste nel valutare il ruolo dell’omeostasi del ferro e delle sue alterazioni nella fisiopatologia della porfiria acuta intermittente. Scopi di questa prima fase del progetto sono: valutare livelli sistemici ed epatici del ferro in pazienti con PAI sottoposti a trattamento cronico (eme arginato / glucosio ev) e valutare possibili correlazioni fra gli indicatori sistemici ed epatici di accumulo di ferro e le caratteristiche cliniche e biochimiche della malattia. Per fare ciò abbiamo studiato 24 pazienti affetti da forma sintomatica di Porfiria Acuta Intermittente provenienti da 23 diverse famiglie, che per questo motivo assumevano terapia di mantenimento secondo uno schema personalizzato (20 con eme arginato e 4 con glucosio 10%). Di tutti i pazienti era nota la data di diagnosi di malattia e la durata della terapia infusiva, in modo da poter calcolare il livello di esposizione temporale alla terapia stessa. Questi pazienti sono stati sottoposti anche a valutazione degli esami di routine, dei parametri biochimici indicatori di malattia e a RMN per valutare il contenuto di ferro epatico (LIC), inoltre in 10 casi su 24 sono stati sottoposti a valutazione indiretta del grado di fibrosi epatica. Quello che ci aspettiamo è di trovare differenze dal punto di vista biochimico e della presentazione clinica dei pazienti sintomatici, indotte dal trattamento cronico con eme e dall’accumulo di ferro. Si porranno così le basi per ulteriori studi che possano, anche tramite l’uso di pannelli genici, identificare i fattori che portano alla progressione della patologia e contribuire alla corretta gestione della malattia: nello specifico risulteranno utili nell’ottimizzare il dosaggio e la frequenza dell’infusione di eme e nel programmare eventuali concomitanti terapie di ferrodeplezione.
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