Riassunto analitico
L’intento di questo lavoro è quello di una discussione approfondita del principio di precauzione nei suoi aspetti relativi al contesto giuridico-ambientale in ambito interno ed europeo. Al fine di esaminare la natura e il ruolo del principio di precauzione nell’ambito del processo decisionale dell’amministrazione si prenderanno in considerazione regole e criteri che devono guidare la scelta discrezionale in merito all’adozione di misure precauzionali, in presenza di incertezza scientifica circa il rischio per la salute e l’integrità dell’ambiente. La natura stessa dell’argomento, per l’inevitabile correlazione-interazione con la globalità dell’innovazione scientifica e la dimensione di questa, impone uno studio improntato in un’ottica internazionale. Nel quadro normativo attuale è ben definita la responsabilità di ogni amministrazione di fronte alle proprie scelte : da qui traspare evidente la difficoltà di chi deve adottare dei provvedimenti che devono essere anche in grado di resistere di fronte ad una opposizione giurisdizionale. Tale quadro, molto spesso, porta ad una inazione ovvero alla non-decisione da parte delle amministrazioni interessate in quanto, la scelta del margine del rischio che si ritenga accettabile va ad incidere su valori ed interessi precisi anche garantiti dal punto di vista costituzionale. Un aspetto non trascurabile è quello della percezione dell’opinione pubblica, che risulta essere la finale e reale destinataria, relativamente ad un determinata innovazione scientifica e il grado condizionante di questo “sentire comune” sui provvedimenti che vengono adottati. Queste considerazioni vanno poi calate sempre nel contesto locale e temporale di operatività il che comporta una serie di azioni informative, il più possibile neutrali, insieme alla promozione di meccanismi di partecipazione e comunicazione pubbliche corrette per evitare irrazionali emotività. A ulteriore contributo basti pensare alla sindrome descritta con l’acronimo inglese NIMBY (Not In My Back Yard, lett. "Non nel mio cortile") con la quale si indica un atteggiamento nei confronti di azioni che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi. L'atteggiamento consiste nel riconoscere come necessari, o comunque possibili, gli oggetti del contendere ma, contemporaneamente, nel non volerli nel proprio territorio a causa di ipotetiche controindicazioni . A tal proposito la direttiva 2001/42/CE consiglia un sempre maggior coinvolgimento preventivo nei processi decisionali dei cittadini e , secondo quanto riportato dal primo "Convegno Nazionale Nimby Forum" tenuto a Roma il 6 luglio 2005, in Italia solo nel 3% dei casi sono state avviate iniziative preventive di ascolto nei confronti delle comunità locali. Una informazione corretta e neutra non solo evita il rischio di diffusione di paure ingiustificate o atteggiamenti irrazionali ma nel contempo coinvolge e rende la collettività consapevole delle scelte più importanti. Si assiste, infatti, molto spesso ad un“abdicare” della stessa politica locale che, in situazioni spinose, e per non perdere consenso, sceglie l’inazione. Un atteggiamento 'di comodo' che si sceglie per non correre rischi. E così dalla sindrome Nimby si passa alla sindrome Nimto ('not in myterms of office' cioè 'non durante il mio mandato elettorale'). Molto spesso “le amministrazioni locali invece di accogliere le nuove proposte per studiarle e valutarne la validità, si oppongono a priori per evitare perdita di consensi ”. Possiamo notare, in effetti, come si sia passati, nel concepire qualunque innovazione scientifico-tecnologica, da una concezione tradizionale della necessità della distribuzione equa dei vantaggi ad una preoccupazione di una distribuzione dei rischi o svantaggi di qualunque tipologia.
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