Riassunto analitico
Il presente elaborato, riguardante il delitto di abuso d’ufficio nonché art. 323 c.p., ha l’obiettivo di mettere in luce l’iter travagliato che ha portato alla recente riforma del 2020 del delitto in questione, in particolare, qui viene analizzato l’art. 323 c.p. dalla sua nascita, con tutte le successive modifiche che lo hanno interessato e plasmato così come lo troviamo oggi, il quale, attualmente dispone:
”Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità”.
Fin dalla sua nascita il delitto di abuso d’ufficio è sempre stato terreno di scontro tra due opposte ma complementari esigenze: da un lato cercare di rispettare il principio della tipicità della fattispecie penale al fine di evitare illegittime invasioni da parte del potere giudiziario, in ambiti riservati alla discrezionalità della Pubblica Amministrazione, in osservanza del principio della divisione dei poteri; dall’altro evitare di ridurre eccessivamente l’area di disvalore penale al chiaro fine di non lasciare impunite proprio le condotte più pericolose.
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