Riassunto analitico
Lo sviluppo di un mercato senza frontiere caratterizzato da una più libera circolazione di merci e servizi è stato negli anni oggetto di un lungo processo di regolamentazione da parte delle nazioni. Con la nascita del GATT prima e del WTO dopo, gli Stati hanno provveduto a dotarsi di un’organizzazione mondiale che governasse e supervisionasse il complesso sistema di accordi multilaterali tra i membri attraverso la definizione di regole per il commercio internazionale. Tuttavia, le difficoltà riscontrate negli anni dal WTO hanno aperto le porte ad una nuova era di negoziati bilaterali tra i diversi membri. L’UE è ripetutamente ricorsa, in tal senso, a questi accordi soprattutto con altri Paesi industrializzati per instaurare nuovi regimi di libero scambio che consentano una reciproca apertura mediante la concessione di un accesso preferenziale ai mercati. Nonostante tali accordi siano visti dall’UE come importante soluzione per rafforzare la propria posizione all’interno del sistema economico globale, molte sono state le difficoltà e le critiche finora espresse da diverse posizioni politiche e un’opinione pubblica sempre più attenta a tali dinamiche. L’Italia, dal suo canto, ha sin dal principio riscontrato posizioni contrastanti in merito a questi accordi, soprattutto in riferimento alla tutela e promozione del Made in Italy. Grande è il dibattito in corso sulla legittimità di accordi commerciali bilaterali quali il TTIP, il CETA e il JEFTA (rispettivamente stipulati o in fase di negoziazione con USA, Canada e Giappone) che giocano direttamente o indirettamente un ruolo fondamentale per il settore agroalimentare italiano. Il timore diffuso nel settore agricolo è di assistere ad un consenso silenzioso nei confronti di un progressivo smantellamento dei valori e della cultura italiana in materia alimentare, nonché un pericoloso “salvacondotto” per la contraffazione alimentare che potrebbe permettere la libera circolazione di prodotti Made in Italy contraffatti o una maggiore diffusione del cosiddetto Italian sounding, provocando danni economici di ampia portata non solo per l’Italia ma anche per tutto il resto dell’UE. Tali accordi di libero scambio, infatti, sembrano costituire agli occhi di molti una vera e propria minaccia per la produzione italiana e le sue eccellenze, ma anche e soprattutto per la salute dei consumatori, che potrebbero vedersi arrivare sulle proprie tavole prodotti che non rispettano le norme sanitarie e di sicurezza che vigono nell’UE, quali prodotti OGM o trattati con ormoni o pesticidi. La preoccupazione è condivisa da molti produttori, allevatori e piccole imprese italiane ed europee che, a causa dell’abbattimento di barriere daziarie e regolamentari, potrebbero subire una forte e sleale concorrenza da parte di multinazionali e grandi aziende che si basano sull’export, e dunque potrebbero vedersi costretti ad una più faticosa lotta contro un maggior numero di prodotti esteri. Inoltre, a rischio ci sono anche tutte quelle certificazioni italiane, DOP e IGP, che costituiscono una grossa fetta delle eccellenze agroalimentari Made in Italy e che con questi accordi potrebbero vedere compromesso il loro valore legale, economico e qualitativo, lasciando sempre più posto a prodotti del finto Made in Italy con gravi ripercussioni su tutto il comparto agroalimentare italiano e degli altri Stati UE. Dunque, in un contesto socio-economico così fortemente globalizzato come quello in cui viviamo oggi, su cui grava pesantemente l’incessante crisi economica odierna e poche sono le certezze derivanti da normative internazionali e accordi bilaterali, rimane ancora un grande interrogativo su quali possano essere le prospettive future e le nuove sfide che il Made in Italy ancora una volta è chiamato ad affrontare.
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