Riassunto analitico
Il tumore del polmone è terzo per incidenza nella popolazione mondiale e tra gli istotipi, l’adenocarcinoma polmonare rappresenta il 40% di tutti i carcinomi non a piccole cellule (NSCLC). Ad oggi, grazie alle tecniche di caratterizzazione molecolare, è possibile individuare le mutazioni somatiche associate al tumore che vengono utilizzate per inibire la crescita tumorale tramite le terapie a bersaglio molecolare. In questo studio osservazionale retrospettivo si valuta l’incidenza del decesso in 244 pazienti affetti da adenocarcinoma polmonare, a cui è stata individuata almeno una mutazione molecolare tramite le indagini genetiche previste nella pratica clinica in pazienti sottoposti ad almeno un trattamento, medico e/o chirurgico. Sono stati inclusi nello studio i pazienti con diagnosi di adenocarcinoma polmonare trattati presso l’Unità Operativa di Chirurgia Toracica e presso il Centro Oncologico Modenese dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena e la cui diagnosi risale ad un periodo che va dal 1° Gennaio 2013 al 31 Dicembre 2017. L’età media è risultata di 67,3 +/- 10,0 anni. A partire da una coorte di 267 pazienti aventi indagini molecolari positive, ne sono stati esclusi 15 (6%) per l’epoca diagnostica precedente al periodo di arruolamento e 8 per non aver ricevuto alcun trattamento. Sono stati descritti lo stato molecolare, lo stadio patologico tumorale, il tipo di trattamento singolo o combinato ricevuto, ed il decesso nel periodo d’inclusione nello studio dei restanti 244 pazienti. Scopo di questo studio è quello di confrontare l’andamento della mortalità delle mutazioni di nicchia (PIK3CA, ERBB2, CMET e NRAS), ovvero le mutazioni con una bassa frequenza nella popolazione ossia rispettivamente del 1-3%, 2-5%, 3% e 1%, rispetto alle mutazioni generiche (EGFR presente nel 10-15% dei casi nei pazienti caucasici e nel 40% dei pazienti asiatici, KRAS nel 15-30% dei casi e BRAF nel 1-3%). Questo potrà permettere di evidenziare alcune caratteristiche di aggressività anche per le mutazioni di nicchia rispetto a quelle generiche, aprendo la strada ad una migliore interpretazione di queste mutazioni in termini prognostici. In totale 70 pazienti su 244 nella popolazione (29%) sono stati sottoposti ad intervento chirurgico, 170 su 244 (70%) sono stati sottoposti a trattamento chemioterapico adiuvante, 83 su 244 (34%) hanno ricevuto immunoterapia e sul totale dei pazienti considerati il 66%, ossia 161 su 244 sono andati incontro all’evento morte in un tempo medio di inclusione nello studio di 1,3 +/- 1,0 anni. La frequenza delle mutazioni nel campione è risultata del 64% di KRAS, 23% di EGFR, 7% di BRAF, 4% di PIK3CA, 4% di ERBB2, 2% di NRAS e 0% di CMET. Confrontando le mutazioni tipiche e le mutazioni di nicchia tramite l’incidenza di decesso abbiamo ottenuto che la mutazione a mortalità più elevata è quella del gene NRAS, con IR (Incidence Rate - ossia il rapporto tra il numero di decessi e il tempo persona a rischio per singola mutazione) risultato pari a 0.62 casi per anno-persona, a cui seguono per incidenza di mortalità le mutazioni KRAS 0.61, PIK3CA 0.59, BRAF 0.56, ERBB2 0.38 ed EGFR 0.34. Il confronto dell’incidenza di decesso tra le mutazioni generiche e quelle di nicchia consente di stabilire che la mutazione a mortalità maggiore è quella delle mutazioni di nicchia, in particolare del gene NRAS, di poco superiore rispetto a quella del gene KRAS. Questo ha permesso di capire quanto possa essere importante studiare in futuro anche le mutazioni di nicchia con lo scopo di implementare le terapie oncologiche attualmente in uso, non solo per pazienti con mutazioni generiche, ma anche per coloro che presentano una mutazione rara.
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