Riassunto analitico
Nella diagnosi precoce della neoplasia della mammella ruolo fondamentale è ricoperto dallo Screening Mammografico. Rivolto ad una popolazione di donne sane, lo Screening Mammografico ha permesso una riduzione della mortalità specifica per neoplasia della mammella di oltre il 15-20%. Tuttavia una percentuale significativa di tumori (fino al 40%) è diagnosticabile solo ex-post, poiché caratterizzati da segni minimi all'esame mammografico iniziale, che vengono interpretati come non radiologicamente significativi. A questa condizione consegue una discreta incidenza dei così detti “cancri intervallo” ovvero carcinomi che si manifestano clinicamente e/o con altre metodiche radiologiche dopo un primo esame di screening risultato negativo e prima del successivo round. Uno dei fattori principali responsabile di queste problematiche è rappresentato dalla densità mammografica. La valutazione di strutture tridimensionali come i corpi mammari attraverso un esame bidimensionale, quale è la mammografia 2D, comporta la sovrapposizione del tessuto fibro-ghiandolare che può limitare la visibilità delle lesioni neoplastiche con conseguente riduzione della sensibilità dell’esame. Al fine di migliorare l’accuratezza diagnostica è stata introdotta la Tomosintesi Digitale della mammella (DBT), la cui novità riguarda la modalità di acquisizione delle immagini che permette di ottenere una visione tridimensionale dei tessuti mammari superando le problematiche che sorgono dalla sovrapposizione dei tessuti. Numerosi sono gli studi scientifici volti a comparare sotto vari punti di vista la DBT e la mammografia 2D mettendo a confronto diversi parametri quali la sensibilità delle metodiche, la capacità di detection, il tasso di richiami dopo l’esame, falsi positivi e falsi negativi e anche la dose di esposizione. Gli studi effettuati hanno dimostrato i miglioramenti che la DBT ha apportato ed apporta alla prevenzione secondaria delle neoplasie della mammella potenziando la detection delle lesioni mammarie e allo studio, in particolare, delle mammelle con pattern ad alta densità. Proprio per questi suoi vantaggi appare verosimile che in un prossimo futuro questa metodica possa affiancare se non sostituire sia la mammografia 2D nei programmi di Screening sia la mammografia clinica. La DBT garantisce una migliore caratterizzazione delle lesioni e permette di studiare reperti che con la sola indagine mammografica risulterebbero di dubbia interpretazione e richiederebbero l’integrazione con proiezioni mammografiche aggiuntive, esame obiettivo e/o esame ecografico. Tutto questo iter diagnostico si traduce con il richiamo della paziente con conseguente aumento di ansia e dei costi socio- sanitari. Nei casi analizzati nel corso di questo studio si è voluto verificare e confermare le evidenze scientifiche acquisite attraverso studi randomizzati controllati quali l’Oslo trial, il Malmo trial e dunque definire i casi in cui si rivela maggiore utilità l’impiego della DBT come indagine da affiancare o sostituire alla mammografia 2D. Nell’ambito dello Screening Mammografico e della senologia clinica, l’efficacia di acquisizione deve essere mirata al contenimento della dose, del volume di dati e all’ottimizzazione dei tempi di acquisizione e refertazione dell’esame appare perciò chiaro che l’impiego della DBT determina un miglioramento della detection-rate con una riduzione dei tassi di richiamo e dell’incidenza dei “cancri intervallo” portando ad un incremento della sensibilità e della specificità dell’indagine mammografica.
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