Riassunto analitico
La SLA, rappresenta un malattia degenerativa per la quale non esiste, ad oggi, una terapia efficace. E’ quindi urgente la necessità di individuare biomarcatori di progressione, sia per la pratica clinica che per la sperimentazione farmacologica. L’obiettivo di questo studio di popolazione consiste quindi nel valutare il ruolo di possibili fattori prognostici clinici e bioumorali sulla sopravvivenza nella SLA, con riferimento agli esami bioumorali eseguiti dai pazienti nei primi due anni di malattia (con cadenza ogni 6 mesi).
Lo studio è stato condotto raccogliendo tutti i casi incidenti di SLA dal 31/12/1999 al 31/12/2014, seguiti presso il Centro per le Malattie del Motoneurone della Clinica Neurologica, presenti in un registro prospettico che raccoglie i casi incidenti tra i residenti nella provincia di Modena. Nello studio sono stati inclusi 275 pazienti, di ognuno sono stati esaminati gli esami bioumorali eseguiti ogni 6 mesi (+/- 1 mese), oltre che gli indici di funzione respiratoria (FVC%) e il Body Mass Index. Sono stati studiati i seguenti parametri bioumorali e la loro correlazione con la sopravvivenza: emoglobina, ematocrito, linfociti, monociti, basofili, eosinofili, urea, acido urico, creatinina, colesterolo totale, LDL, HDL, il rapporto LDL/HDL, trigliceridi, GOT, GTP, GammaGT, proteine totali, albumina, glicemia, CPK, ferro, ferritina e transferrina, ed infine, funzione respiratoria (FVC%) e Body Max Index (BMI). Le variabili bioumorali sono state considerate come tali negli studi di correlazione; per le analisi di sopravvivenza, sono state create categorie sulla base dei valori mediani e dei quartili. Tutte le analisi sono state eseguite per alcuni sottogruppi: fenotipo (bulbari e spinali), sesso, per classi d’età, e compromissione della funzione respiratoria alla diagnosi. Dei 312 pazienti presenti nel registro prospettico, ne sono stati inclusi 275 (88%). Si è osservato un ruolo prognostico negativo dell’urea (≤42 vs >42 mg/dL, p= 0.047), dei livelli di albumina (≤4,2 vs >4,2 mg/dL, p= 0.05) e di trasferrina (≤250 vs >250 mg/dl, p= 0.0169). Questi sono risultati significativamente associati con la prognosi di SLA in entrambi i sessi, con un effetto dose-risposta (aumento della sopravvivenza all’aumentare dei livelli di albumina e transferrina, calo della sopravvivenza all’aumentare dei livelli di urea). All’analisi dei sottogruppi per fenotipo abbiamo riscontrato, nei pazienti ad esordio bulbare, un correlazione tra ridotti valori di emoglobina (≤13,9 vs >13,9 g/dl p=0.02) ed incremento di sopravvivenza. Nel sottogruppo per età (≤65 vs >65 anni): a livelli ematici più elevati di ferritina (≤156 vs >156 mg/dl, p= 0,02) si associa un incremento di sopravvivenza nel gruppo di pazienti sotto i 65 anni, mentre per livelli più elevati di transferrina (≤250 vs >250 mg/dl, p= 0,04) si associa un incremento di sopravvivenza nel gruppo di pazienti sopra i 65 anni. All’analisi multivariata soltanto i livelli di albumina alla diagnosi sono risultati un fattore prognostico indipendente (p=0.05, HR 0.89, 95%CI 0.79-1.00). Di nessun altro indice ematologico è stata evidenziata la correlazione alla sopravvivenza nel modello proposto. In conclusione, sono risultati rilevanti i livelli sierici di urea, albumina e i parametri legati al metabolismo del ferro. Il ruolo prognostico negativo dell’urea potrebbe essere coinvolto nel metabolismo del glutammato, tramite l’enzima glutammina-sintetasi. Albumina e ferro potrebbero essere implicati nei processi infiammatori alla base della SLA. Nei pazienti bulbari i valori elevati di ematocrito ed emoglobina, correlati ad un ruolo prognostico negativo, potrebbe essere espressione di uno stato cronico di disidratazione oppure rappresentare un indice indiretto insufficienza respiratoria.
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