Riassunto analitico
Dopo quasi ottanta anni di silenzio normativo, la materia condominiale si mostrava bisognosa di una coraggiosa e radicale riforma, capace, da un lato, di adeguare la disciplina dettata dal codice civile al diritto vivente formatosi sino ad oggi, risolvendo allo stesso tempo le numerose questioni che in esso erano ancora dibattute, e, dall’altro lato, di rinnovare l’essenza di un istituto estremamente complesso e problematico, allineandosi alle scelte normative già da tempo adottate dai principali Paesi europei. A questa situazione “di emergenza normativa” ha dato risposta il legislatore del 2012 con l’emanazione della Legge n.220, successivamente modificata dal decreto-legge n.145/2013, convertito nella Legge n.9/2014. Tuttavia, forse a causa della frettolosa dialettica parlamentare che ha caratterizzato l’iter legislativo, la Riforma del 2012, in accordo con il parere unanime dei primi commentatori, avrebbe mancato l’occasione di rispondere in maniera veramente innovativa agli stimoli provenienti dagli ambienti dottrinali più illuminati. L’obiettivo della presente trattazione non è quello di criticare il prodotto del legislatore, bensì di sottoporre ad una attentamente analisi la nuova normativa, cogliendo e valorizzando le rilevanti novità che essa in sé contiene, con particolare riferimento alla disciplina dell’amministrazione condominiale e al nuovo ruolo ricoperto dall’amministratore, il quale rappresenta il vero oggetto della Riforma. Il condominio rappresenta innegabilmente una realtà giuridica che coinvolge interessi primari, patrimoniali e non, di milioni di persone e, in quanto tale, merita una considerazione elevata da parte del legislatore e della dottrina, alla quale in particolare spetta il compito di saper sfruttare positivamente le novità introdotte dalla nuova disciplina contenuta nel codice civile, auspicando e stimolando allo stesso tempo un ulteriore e più radicale intervento di riforma.
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