Riassunto analitico
Le dimissioni sono l'atto unilaterale attraverso il quale il lavoratore può recedere dal proprio rapporto di lavoro. Per poter produrre i propri effetti, la legge non richiede il consenso o il diniego del datore di lavoro, ma l'osservanza della nuova procedura telematica introdotta dall'articolo 26 del decreto legislativo n. 151/2015, attuativo del cosiddetto Jobs Act. La procedura telematica richiede al lavoratore di utilizzare obbligatoriamente i moduli online predisposti dal Ministero del Lavoro sul sito istituzionale. Potrà agire autonomamente o con l'aiuto di soggetti terzi abilitati ed individuati dalla legge. La possibilità del datore di lavoro di intervenire con la propria volontaria per evitare il recesso viene negata anche dalla nuova disciplina. Quest'ultima è stata prevista in realtà per lo specifico fine di porre fine alle cosiddette "dimissioni in bianco". Le dimissioni in bianco sono una pratica illegale consistente nel far firmare al lavoratore all'atto di assunzione o in un momento successivo, un foglio bianco con la sua firma. In questo modo, il datore di lavoro qualora voglia procedere a licenziamento, invece che licenziare simulerà una ipotesi di dimissioni, utilizzando il suddetto foglio. Ciò ovviamente a scapito del lavoratore e della sua reale volontà. La nuova disciplina si applica anche all'ipotesi di dimissioni rassegnate in presenza di giusta causa. Queste sì hanno qualora nel rapporto di lavoro si verifichi un fatto che impedisca la prosecuzione anche provvisoria del rapporto di lavoro. La effettiva sussistenza di una giusta causa di recesso verrà poi accertata dal giudice competente in sede giudiziale. Precedentemente al Jobs Act, già la legge n. 188/2007 aveva cercato di porre fine al fenomeno. Anch'essa aveva prescritto una procedura obbligatoria per il lavoratore, basata su moduli ministeriali capaci di accertare, con sicurezza, l'identità del lavoratore e la data certa in cui la manifestazione di recedere avveniva. Tuttavia la legge trovò un periodo di applicazione fugace, data la sua repentina abrogazione dopo soli tre mesi dalla sua entrata in vigore. Sull'argomento, intervenne anche la riforma Fornero, al suo articolo 4, commi 17-23. La legge n. 92/2012 basava il meccanismo di recesso sulla condizione sospensiva consistente nella necessità di procedere alla convalida delle dimissioni, da effettuarsi presso le Direzioni Territoriali del Lavoro o i Centri per l’Impiego competenti per territorio. La legge prevede anche altre due possibilità. La prima è quella di poter effettuare detta convalida presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. La seconda invece consiste nella sottoscrizione di specifica dichiarazione da apporre in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro (modello Unilav) che il datore di lavoro deve inviare al Centro per l’Impiego con modalità telematiche entro cinque giorni dalla chiusura del rapporto . Questa a ben vedere è la metodologia più semplice e diretta. Infatti il datore di lavoro nel ricevere la lettera di dimissioni può effettuare immediatamente la comunicazione al Centro per l’Impiego competente e contestualmente chiedere al lavoratore di apporre in calce alla ricevuta di avvenuta trasmissione, esplicita dichiarazione in cui si conferma la volontà di dimettersi volontariamente. In caso contrario, il datore al ricevimento della lettera di dimissioni deve invitare, per iscritto, il lavoratore ad avviare la procedura di convalida. Tuttavia, come sopra accennato, la procedura della riforma Fornero è stata sostituita da quella introdotta dall'art. 26 del decreto legislativo n. 151/2015, in vigore dal 12 marzo 2016.
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