Riassunto analitico
Si può credere così tanto nelle proprie idee, da sfidare uno dei maggiori apparati educativi quale quello americano? La risposta è sì. Deborah Meier è l’esempio di come la profonda convinzione nei propri principi educativi, in sinergia con un contesto particolarmente stimolante, possa creare dal nulla un nuovo modo di fare scuola, ottenendo risultati di tutto rispetto. Oggetto di questo elaborato è proprio il racconto di una esperienza unica, ma non isolata, di una visione profondamente e fattivamente attiva di scuola, che mira a rovesciare i paradigmi pedagogici didattici e relazionali tradizionali. Per capire la portata della sua proposta, sono partita dalle imprescindibili nozioni biografiche che ho intrecciato al mutevole e contraddittorio contesto socio-politico in cui la Meier si è trovata ad operare e che dipinge una scuola americana che fatica ad emanciparsi da retaggi storici più volte contestati, ma mai consapevolmente messi in discussione. Ho voluto altresì evidenziare quella dose di fortuna che ha permesso alla pedagogista di incontrare e lavorare con persone ispirate quanto lei e che hanno permesso l’istituzione del movimento delle piccole scuole americane. Dalla lettura in lingua originale dei testi della Meier ho desunto le origini del suo pensiero, focalizzando l’attenzione sui suoi mentori più importanti e ritrovando nelle loro opere un fil rouge che arriva dritto al cuore delle small schools da lei fondate. Partendo da Dewey e arrivando a Perrone, i concetti chiave che contraddistinguono l’esperienza delle piccole scuole possono essere sintetizzati in: democrazia, fiducia e rispetto. Tre termini che hanno rivoluzionato il modo di vivere la scuola per migliaia di bambini che hanno avuto la fortuna di frequentare Mission Hill, CPE e CPESS tra New York e Boston nell’ultimo ventennio del secolo scorso. Lo sguardo si posa poi sul suolo italiano per scoprire che anche da noi ci sono piccole scuole che, più per necessità che per volontà educativa, non hanno nulla da invidiare a quelle d’oltreoceano e sono vere e proprie fucine di innovazioni didattiche e sperimentazioni pedagogiche. Luoghi in cui l’aspetto relazionale discente-maestro e la centralità dello studente sono elementi chiave per il successo formativo e umano di entrambi. Luoghi dove la scuola è non solo istituzione formativa, ma vero e proprio tessuto connettivo di una popolazione e di una realtà che, senza di essa, sarebbero destinate a scomparire. Luoghi dove concetti quali pluriclasse, inclusione sociale e comunità educante, non rimangono parole sulla carta, ma vengono declinati nella quotidianità di un’esperienza scolastica realmente vissuta e partecipata. Infine, grazie ad un contatto diretto con la Dott.ssa Meier, dapprima via mail, poi attraverso videochiamate, ho avuto la possibilità di sentire dalla voce della protagonista, le idee, le innovazioni e le delusioni che hanno accompagnato la sua esperienza. Ho conosciuto una persona innamorata della vita e dell’essere umano, che considera pilastro fondamentale di una società fattivamente democratica. Una persona che incarna i valori in cui crede e li trasmette con l’esempio e l’umiltà che la contraddistinguono. Mente brillante, a dispetto dei 94 anni, che si professa grata per l’opportunità che le è stata data e che ancora oggi riceve tante testimonianze di affetto e di ringraziamento da ex alunni ed insegnanti. La sua esperienza, nonostante non sia riuscita nell’intento titanico di modificare il sistema educativo americano, ha dimostrato che una educazione democratica è possibile ed è pure vincente. Un’eredità che non deve essere perduta, nell’ottica dell’importanza della formazione globale dei cittadini di domani.
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