Riassunto analitico
Il mio elaborato mira a riflettere sull’uso consapevole e guidato dello strumento ludico (in particolare del gioco di ruolo) in tutte le sue sfaccettature, soprattutto per quelle fasce d’età – adolescenti e giovani adulti – dove il gioco assume una posizione marginale e sottovalutata. Partendo dal tentativo di autori quali Huizinga e Caillois di definire il gioco, ho voluto esplorare le diverse caratteristiche e opportunità offerte dall'attività ludica, in particolare la nascita e l'uso del role playing in ambito formativo, che ha avuto origine dallo psicodramma moreniano, per poi giungere ai giochi di ruolo come strumento educativo. Questo mi ha portato a progettare un intervento rivolto ad alcuni studenti della scuola secondaria di secondo grado, dove gli adolescenti coinvolti hanno potuto sperimentarsi attivamente in una sessione di Dungeon World, co-costruendo un'avventura di gioco e impersonando un personaggio attraverso il quale agire per tutta la durata dell'attività. I partecipanti hanno poi compilato un questionario appositamente redatto per indagare la loro concezione di gioco e la possibilità di apprendere attraverso di esso. L’intrinseca giocabilità dei giochi di ruolo, da intendere come gioco attraverso le abilità, permette che si costruiscano nuove abilità e allo stesso tempo che si attivino le proprie risorse per renderle delle competenze. Grazie alle potenzialità insite nel gioco – nello specifico i giochi da tavolo e di ruolo – possono essere stimolate varie life skills, richieste sia a scuola che nella società in generale: aumento della socializzazione, miglioramento della capacità di ascolto e di esposizione, rispetto delle regole e aumento del sentimento di autoefficacia, maggiore flessibilità e adattabilità, capacità di fronteggiare eventuali ostacoli, sviluppo del problem solving. A ciò si aggiunge la migliore conoscenza di Sé e la propria autoconsapevolezza, esplorata attraverso la narrazione, la drammatizzazione e l'immedesimazione in altro da Sé. E' proprio la capacità di rimanere all’interno di un tempo sospeso durante il gioco, ma non per questo meno pregno di significato, che fa sì che i giocatori imparino a so-stare dentro e fuori da Sé, tanto nella realtà quanto nell’irrealtà dell’immaginazione, senza che l’una esclusa l’altra. Ciò permette una sorta di sdoppiamento della persona all’interno del gioco di ruolo: la realtà è allo stesso tempo sospesa e mantenuta nell’irrealtà dell’ambientazione immaginata; così come la propria individualità è sempre presente e al contempo affiancata dal ruolo, dal personaggio che ciascuno interpreta. Ho analizzato la relazione tra gioco e letteratura, proprio perché attraverso i giochi di ruolo si costruisce una narrazione condivisa, nella quale i personaggi (e i giocatori) si raccontano. Dopo aver individuato alcune caratteristiche comuni, ho introdotto il concetto di pratica autobiografica e di ludobiografia, ovvero la narrazione di sé attraverso il gioco. Ogni volta che un individuo si immedesima in un ruolo diverso da Sé, che sia attraverso una rappresentazione teatrale o nel gioco, sperimenta una sorta di sdoppiamento: egli rimane se stesso, ma allo stesso tempo diventa qualcun altro. Questa trasformazione – e la possibilità in ogni momento di ritornare in Sé – sono costitutive di tutte le attività di drammatizzazione e consentono di allenare le proprie capacità di immedesimazione, autoconoscenza.
|