Riassunto analitico
Il presente elaborato cerca di evidenziare come al giorno d’oggi non siano più efficaci gli attuali sistemi fiscali e i criteri di collegamento all'imposizione. Come ben noto, la trasformazione digitale ha avuto un impatto tale da modificare il modo di fare impresa, avendo dei risvolti anche fiscali: con il tempo ci si è resi conto che i principi alla base del funzionamento degli ordinamenti tributari dei vari Paesi non sono in grado di assoggettare a tassazione il reddito prodotto tramite il web. Dopo un confronto tra quelli che sono i principali criteri di collegamento per tassare i redditi (il worldwide principle e il source principle), si evidenzieranno le molteplici caratteristiche e le ricadute che l’economia digitale ha avuto sulla società: si assiste infatti ad un passaggio fondamentale in cui norme create un secolo fa e basate su un senso di materialità risultano oggi inadeguate in un mondo in cui i nuovi protagonisti sono gli asset intangibili e la creazione del valore da parte degli utenti, caratterizzati entrambi da una certa a-territorialità e slegate dal luogo in cui il reddito viene prodotto. Anche il concetto di stabile organizzazione perde di significato in quanto, semplicemente, le big tech non ne hanno di bisogno. Nonostante i vari tentativi di trovare una soluzione, sia da parte dell’OCSE che dell’Unione Europea, la strada è ancora lunga data l’opposizione di molti Paesi europei che sono particolarmente avvantaggiati, in termini di gettito fiscale, dalle pratiche di pianificazione fiscale aggressiva messe in atto dalle multinazionali digitali, ulteriormente agevolate da norme ad hoc formulate dagli stessi Paesi che alimentano la concorrenza fiscale dannosa all’interno della Comunità europea. A seguito delle varie sentenze della Commissione europea contro le multinazionali digitali, forse si è giunti ad una conclusione comune: l’introduzione di un'aliquota globale minima, come corporate tax, che colpisca i profitti delle big tech e aiuti a combattere i paradisi fiscali.
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