Riassunto analitico
Adriano Olivetti riteneva che il fine dell’impresa non dovesse consistere solamente nell’aumentare il profitto ma le riconosceva un importante ruolo sociale, in quanto capace di influenzare non solo il benessere dei lavoratori ma dell’intero tessuto sociale circostante. Partendo da tale considerazione, questo elaborato si pone l’obiettivo di approfondire la conoscenza del Welfare aziendale, coglierne le potenzialità e individuare le soluzioni possibili per una sua più larga diffusione. L’analisi inizierà ripercorrendo l’intero processo di evoluzione del Welfare aziendale, dalle sue prime manifestazioni nella forma del “paternalismo ottocentesco” fino al ruolo ad oggi ricoperto, considerato non solo come una modalità alternativa alla retribuzione, ma come una vera e propria leva di gestione del personale, capace di incrementare contemporaneamente sia il benessere sociale del lavoratore che la produttività dell’impresa. Al fine di comprendere come introdurre concretamente un Piano di Welfare aziendale, l’elaborato prosegue con un quadro riassuntivo della normativa vigente, come vedremo principalmente di natura fiscale. Lo strumento del Welfare aziendale, infatti, non è mai stato oggetto di una disciplina organica; nato come una semplice concessione del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, è stato regolato solo successivamente dal Legislatore il quale, preso atto delle potenzialità di tale strumento, è intervenuto al fine di stabilirne le regole e, al tempo stesso, incentivarlo. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, i bisogni sociali delle persone sono mutati e il benessere e la motivazione dei lavoratori sono percepiti come fattori strategici per garantire la competitività e la produttività dell’impresa. In questo contesto il Welfare aziendale risulta essere lo strumento che meglio si adatti a soddisfare tutti questi aspetti, permettendo - grazie alle agevolazioni fiscali previste dal Legislatore - l’ottenimento di importanti vantaggi per tutte le parti in gioco: lavoratori, aziende e Stato. Tuttavia, nonostante i numerosi aspetti positivi che verranno evidenziati, una disomogenea diffusione del Welfare aziendale rischia di causare anche profonde distorsioni e disuguaglianze del sistema di protezione sociale dei lavoratori, soprattutto tra coloro che appartengono a piccole e medie imprese, spesso completamente estranee a questo istituto. Per questo motivo, nella parte finale dell’elaborato saranno approfondite le ragioni che sottostanno alla scarsa diffusione del Welfare, soprattutto nelle micro, piccole e medie imprese, attori principali del nostro tessuto economico. Si indagherà sulle possibili soluzioni a questa distorsione le quali, come vedremo, richiedono un passaggio da un Welfare prettamente aziendale ad un vero e proprio Welfare territoriale, realizzabile solo attraverso l’aggregazione di più imprese. Per una maggiore diffusione è necessario che altri soggetti entrino in gioco, in primis le parti sociali, non solo attraverso la contrattazione collettiva nazionale ma soprattutto attraverso la bilateralità, la contrattazione collettiva territoriale o favorendo la costituzione di contratti di rete fra le imprese operanti in uno stesso territorio. Così facendo, il Welfare aziendale potrà divenire uno strumento in grado non solo di favorire il benessere dei lavoratori e la produttività delle imprese, ma uno strumento in grado di realizzare quello stesso obiettivo che occupava la mente di Olivetti, ovvero contribuire al mutamento e al benessere dell’intero territorio, uscendo dai confini dell’impresa.
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