Riassunto analitico
Il lavoro sviluppato si occupa di analizzare il fenomeno globale dell’erezione di muri e barriere tra Stati-nazione (o che ambiscono a tale riconoscimento) nel periodo di tempo che va dal 1945 al 2015, procedendo poi nello specifico sul caso Ungherese. Attraverso un’ottica post-strutturalista, che combina le istanze dell’agency e quelle del condizionamento della struttura sociale, ho utilizzato il bagaglio dei Border Studies (ovvero le analisi dello studio dei confini attraverso un’ottica multidisciplinare) per approcciarmi all’approfondimento delle sollecitazioni politico-sociali creanti le premesse e il contesto di riferimento nelle zone di confine nel quale si sono materializzate installazioni di questo tipo. Posti i dati emersi in due grafici, mostranti l’andamento del fenomeno da un punto di vista diacronico e sincronico, essi hanno evidenziato un progressivo aumento del numero di muri nel mondo nel periodo preso in esame, con particolare enfasi dal 2000 ad oggi, dando spunto anche a particolari riflessioni in ambito spaziale, ovvero sulla concentrazione dei muri. Posta quest’evidenza, attraverso la prospettiva della Discourse Theory ho utilizzato lo strumento delle narratives per rintracciare le funzioni politico-sociali sottostanti le motivazioni del fenomeno. Sono andato ovvero a ricercare le pratiche discorsive degli attori in gioco (governi, entità sovranazionali, media, personaggi pubblici) che hanno stimolato l’attivazione del processo di Borderwork attraverso l’emissione di quelli che sono atti linguistici performativi, e di come il sistema abbia risposto in base a queste sollecitazioni. Da questo punto di vista, la gestione delle domande globali di sicurezza, di controllo delle migrazioni, di rivendicazione di regionalismo, possono essere inquadrate quale specifico atto discorsivo attraverso il quale il potere si manifesta, proseguendo così il filone teorico inaugurato da Michel Foucault. Rimane da approfondire fino a che livello il potere può manifestarsi senza che altre istanze subentrino per cercarne di limitarne l’azione. Ho sostenuto nella mia tesi che i muri e le barriere possono essere visti quale esempio di materializzazione discorsiva, ovvero quale concretizzazione fisica di tali pratiche discorsive. Ho altresì individuato alcune funzioni comunicative di queste installazioni, tra le quali la comunicazione di un “NO”, che ho inquadrato quale contraddizione e fonte di potenziale conflitto, così come definito nell’ambito della teoria dei sistemi di Luhmann. Per ciò che concerne l’analisi nello specifico delle pratiche discorsive, mi sono soffermato sul caso del muro ungherese eretto nel 2015 sul confine serbo-croato, studiando gli atti comunicativi di vari soggetti interessati (EU, UN, governo ungherese, media, società civile), attraverso l’emissione di documenti, atti ufficiali o manifestazioni pubbliche.
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