Riassunto analitico
La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia cardiaca in assoluto più frequente ed è destinata ad aumentare nei prossimi decenni considerando il progressivo invecchiamento della popolazione. La fibrillazione atriale è associata ad un aumento del rischio di ictus e di malattie tromboemboliche come la trombosi venosa profonda (TVP) e l’embolia polmonare (EP). Due terzi dei casi di ictus e di complicanze tromboemboliche, soprattutto di tipo venoso, possono essere prevenuti mediante un adeguato trattamento anticoagulante. L’impiego di terapie anticoagulanti è molto diffuso: dai dati di consumo emerge che in Emilia Romagna ne fa uso l’1.9% della popolazione. Per cinquant’anni l’unico farmaco disponibile ed efficace per la profilassi di eventi tromboembolici, in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare, è stato rappresentato dal warfarin, antagonista della vitamina K (AVK). Le principali criticità che caratterizzano gli AVK sono: (i) la variabilità individuale nella risposta per effetto della variabilità dei livelli plasmatici di vitamina K, delle interazioni farmacologiche, delle patologie concomitanti e della compliance del paziente; (ii) la necessità di continui aggiustamenti posologici da parte di personale competente e di un monitoraggio dei valori di INR ; (iii) il rischio emorragico non trascurabile, specie di emorragia intracranica. Nella ricerca di nuovi anticoagulanti orali sono stati selezionati alcuni step della cascata della coagulazione, includendo l’inibizione diretta della trombina, dei fattori Xa e IXa, del complesso fattore tissutale-fattore VIIa e del complesso fattore Va-fattore VIIIa. Nell’ambito di queste differenti opzioni, la trombina e il fattore Xa sono target molto appetibili in quanto comuni sia alla via intrinseca che estrinseca della cascata della coagulazione. Ximelagatran, il primo inibitore diretto della trombina ad essere stato approvato in Europa per la profilassi della VTE a breve termine dopo interventi di chirurgia ortopedica, Ximelagatran è rimasto sul mercato europeo all’incirca per 20 mesi., il 14 febbraio 2006, AstraZeneca, ne ha annunciato il ritiro a livello mondiale per tossicità epatica Nel marzo 2008 l’EMEA ha approvato dabigatran, per la prevenzione di malattie tromboemboliche in seguito a sostituzione dell’anca o del ginocchio e nell’agosto 2011 per l’uso in pazienti con FA non valvolare. Boehringer Ingelheim ha sviluppato dabigatran, inibitore non peptidico con un residuo centrale benzimidazolico 1,2,5-trisostituito, sulla base della struttura cristallina ai raggi-X del NAPAP, un inibitore peptido-simile, complessato con trombina di origine bovina,. Grazie ad una serie di analisi della struttura a raggi-X, è stata ottimizzata l’attività ottenendo un’inibizione della trombina, nel range basso nano-molare, anche se l’energia di legame è dovuta principalmente ad interazioni idrofobiche o non-polari. Il farmaco è preparato sotto forma di capsule contenenti un pro farmaco inattivo, dabigatran etexilato, che dopo somministrazione orale viene rapidamente assorbito e idrolizzato a dabigatran. Nel 2008 e nel 2011 l’EMEA ha approvato anche rivaroxaban e apixaban, inibitori diretti del fattore Xa, Gli aspetti innovativi dei nuovi anticoagulanti orali sono rappresentati dal fatto che: inducono l’effetto anticoagulante rapidamente; la gestione dei pazienti è semplificata, non essendo necessari controlli routinari della coagulazione e dosi personalizzate; e sono segnalate poche interazioni con alimenti e con farmaci. Rimangono però problemi da risolvere fra cui l’assenza di trattamenti in grado di antagonizzare rapidamente l’effetto anticoagulante che rappresenta tuttora un’importante incognita nella gestione delle emergenze emorragiche, chirurgiche o traumatiche.
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