Riassunto analitico
Obiettivo: Identificazione di fattori predittivi specifici per diverse categorie di pazienti con diagnosi di shock settico in ICU
Materiali e metodi: Lo studio, osservazionale retrospettivo, arruola 679 pazienti con diagnosi di shock settico, ricoverati nell’unità di Terapia Intensiva fra il 1 Gennaio 2006 e il 31 Dicembre 2015. Di ogni paziente sono stati raccolti i dati anagrafici, le copatologie, il reparto di ammissione, le caratteristiche di immunosoppressione, l’indice prognostico (SAPS II) e l’esito, sia in ICU che successivamente alla dimissione ospedaliera. Sono stati poi raccolti i dati relativi alla terapia antibiotica empirica e le terapie di supporto necessarie (VM, amine e CRRT). Sono stati valutati attraverso l’archivio del servizio di Microbiologia i germi responsabili della sepsi e di ciascuno è stato analizzato l’antibiogramma, incrociando questi dati è stata definita l’appropriatezza della terapia empirica e la possibilità di una eventuale de-escalation. I dati sono stati analizzati attraverso il programma SPSS (v 20). Sui fattori sopra descritti sono state effettuate statistiche descrittive e successivamente è stata svolta un’analisi multivariata. Le variabili quantitative sono state definite mediante la mediana e il range interquartile (IQR); le variabili qualitative sono espresse in numero assoluto e percentuale. La significatività statistica è stata definita attraverso il test del chi-quadrato. Il test di Mann-Whitney è stato utilizzato per calcolare la significatività del confronto fra mediane. I risultati sono stati considerati statisticamente significativi se p ≤ 0,05.
Risultati: Sono stati raccolti 679 pazienti e sono stati suddivisi in gruppi e poi confrontati fra loro a seconda del outcome ospedaliero, del outcome ICU, del timing di morte e del tipo di infezione contratta (comunitaria o nosocomiale). Il timing di morte è stato definito come precoce (entro il terzo giorno) o tardivo (a partire dal quarto giorno). Le infezioni sono state definite nosocomiale in base all’anamnesi del paziente e al tempo di insorgenza dei sintomi (oltre le 48h dal ricovero ospedaliero). Dal confronto basato sul outcome del ricovero ospedaliero l’esito è apparso statisticamente correlato alla presenza di comorbidità particolari, quali la presenza di neoplasia maligna e di cirrosi (p < 0,05). La presenza di infezione nosocomiale è risultata statisticamente correlata alla mortalità intraospedaliera (59% vs 50%; p < 0,05). L’outcome è atteso differente in base alla tipologia di paziente: risulta più alta la mortalità per i pazienti medici (62% vs 43%; p < 0,05) rispetto ai pazienti chirurgici (37,5% vs 57%; p < 0,05); inoltre la tipologia di paziente correla al timing di morte: i pazienti di tipo medico presentano un rischio significativo di morte precoce (74% vs 57%, p < 0,05) mentre i pazienti chirurgici presentano una mortalità tardiva più elevata (43% vs 26%, p < 0,05). pazienti più compromessi (SAPS II più elevato: 83 (70-97) vs 63 (50-75); p < 0,05) presentano una mortalità precoce. L’infezione prevalente e maggiormente correlata al rischio di morte precoce è l’infezione da E. Coli (24% vs 14%, p < 0,05); non è apparsa significatività statistica tra i patogeni di infezione e la morte tardiva, che tuttavia risulta correlata alla presenza di batteri produttori di ESBL (75% vs 58%, p < 0,05). I dati analizzati sulla base della mortalità in ICU appaiono sovrapponibili all’analisi dei dati sulla mortalità ospedaliera; è risultata però una correlazione significativa fra la mortalità in ICU e la presenza di patogeni produttori di carbapenemasi (44% vs 34%, p < 0,05) e la mancanza di una terapia empirica appropriata (la terapia si è mostrata appropriata nel 76% dei pazienti morti in ICU vs 84% dei pazienti survivors).
Conclusioni:
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