Riassunto analitico
Il diritto ad esprimere liberamente il proprio pensiero è un diritto umano pacificamente riconosciuto a livello nazionale e sovranazionale. La libertà di espressione, oltre a costituire il pilastro fondamentale del progresso delle società democratiche, è uno dei diritti più elementari di un individuo poiché gli consente di formare e sviluppare le sue opinioni, e quindi di realizzare sé stesso. Tuttavia essa non è un diritto assoluto ed è soggetta a determinate limitazioni, le quali sono imposte a seguito di un bilanciamento con altri valori e diritti ritenuti fondamentali, come la dignità umana, l’onore, la reputazione e la riservatezza dei singoli e dei gruppi. La condotta espressiva che certamente entra in conflitto con tali valori e diritti è l’hate speech. Il termine “discorso d’odio” deve essere inteso come comprensivo di tutte le forme di espressione miranti a diffondere, fomentare, promuovere o giustificare l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o altre forme di odio fondate sull’intolleranza, tra cui l’intolleranza espressa sotto forma di nazionalismo aggressivo e di etnocentrismo, la discriminazione e l’ostilità nei confronti delle minoranze, dei migranti e delle persone di origine immigrata. Oltre al danno psicologico ed emotivo che avverte il destinatario dell’hate speech, il discorso d’odio influisce anche sulla società nel suo insieme. In effetti, il gruppo di individui esposto all’odio non solo avverte una lesione della propria dignità, reputazione e autostima, ma anche una lesione del senso di appartenenza alla comunità, che si concreta in una forma di “estraneazione” del gruppo dalla società e di perdita della propria identità culturale. Pertanto, la società, in senso generale, diventa fragile perché l’intolleranza e la divisione ostacolano la partecipazione equa di tutti al processo democratico. Nonostante siano certi gli effetti dannosi che il discorso d’odio produce alla dignità umana, all’onore e alla reputazione, la domanda principale è come bilanciare gli interessi in competizione, o meglio come limitare il linguaggio che incita all’odio, alla violenza o alla discriminazione senza danneggiare il nucleo del diritto alla libertà di espressione. Il nostro lavoro intende approfondire la conoscenza e lo studio di determinati contesti di disciplina che presentano caratteristiche peculiari e rappresentano modi diversi di rispondere al quesito principale sopra formulato. In particolare, l’elaborato esamina la regolamentazione della libertà di espressione e delle sue limitazioni ai sensi delle norme europee ed internazionali (nel primo capitolo), del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti (nel secondo capitolo) e della Charter of Rights and Freedoms canadese (nel terzo capitolo). Nel quadro delle fonti si tiene conto sia del formante legislativo, sia di quello giurisprudenziale che, com’è noto riveste un rilievo fondamentale in ordinamenti riconducibili alla famiglia di common law. Lo scopo di questo elaborato è quello di illustrare in che modo l’Europa, gli Stati Uniti e il Canada abbiano cercato di trovare un equilibrio tra il diritto alla libertà di espressione e altri diritti e di come sia presente la preoccupazione che la limitazione dei discorsi estremi possa concretarsi al contempo in una compressione governativa dell’espressione politica basata sul suo contenuto e non solo sulla sua forma o sui suoi effetti.
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