Riassunto analitico
Questa tesi ha l’obiettivo di analizzare la disciplina del whistleblowing, un istituto del Diritto del Lavoro, il cui fine ultimo consiste nella prevenzione e nella repressione di fatti illeciti, fraudolenti e di corruzione all'interno delle organizzazioni di lavoro. Il whistleblowing si verifica allorché un dipendente pubblico o privato segnali illeciti od irregolarità di cui abbia avuto conoscenza sul luogo di lavoro o, comunque, nell’esercizio della prestazione lavorativa. Anzitutto, sarà brevemente esaminato il contesto internazionale ed europeo e, in particolare, la Direttiva UE 2019/1937, che contempla la necessità per gli Stati membri dell’Unione di garantire una maggiore e più adeguata protezione dei whistleblowers contro eventuali ritorsioni o discriminazioni nei loro confronti. Successivamente, si analizzerà nel dettaglio la disciplina del whistleblowing all’interno dell’ordinamento giuridico italiano. L’istituto è oggigiorno regolato dalla Legge 30 novembre 2017, n. 179, la prima normativa ad esso interamente dedicata che riguarda sia l’ambito del lavoro pubblico che quello privato. In particolare, nel settore pubblico è stato modificato l’art. 54-bis, d.lgs. 165/2001 (a sua volta introdotto dalla l. 190/2012), che prevedeva già una tutela ad hoc per il dipendente pubblico che segnala illeciti ed irregolarità di cui ha avuto conoscenza sul luogo di lavoro. Nel privato, invece, mancava sino a questo momento un’apposita disciplina: con il nuovo testo normativo sono stati introdotti i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater all’art. 6, d.lgs. 231/2001, ove è previsto che i modelli organizzativi adottati dalle società debbano contenere canali che permettano ai dipendenti di presentare le segnalazioni concernenti la commissione di fattispecie di reati di cui al d.lgs. 231/2001 o violazioni del modello organizzativo delle quali siano venuti a conoscenza durante lo svolgimento delle loro funzioni. La riforma del 2017 ha dunque imposto agli enti pubblici e privati di creare specifiche procedure che permettano la segnalazione di illeciti assicurando al contempo la riservatezza del soggetto segnalante. Peraltro, al fine di evitare ritorsioni o discriminazioni nei confronti del whistleblower sono previste determinate misure nonché sanzioni applicabili. Infine, si approfondirà il tema del licenziamento ritorsivo del dipendente segnalante e della tutela applicabile nei suoi confronti. Rileva, in particolare, l’ipotesi del licenziamento del dipendente pubblico, in quanto non trova attuazione la disciplina generale di cui all’art. 63, d.lgs. 165/2001: l’art. 54-bis richiama espressamente l’art. 2, d.lgs. 23/2015, il che determina una “stranezza” vista la consolidata tendenza ad escludere l’applicabilità del Jobs Act all’impiego pubblico. Ciò può probabilmente trovare spiegazione nell’intento del legislatore di fornire una tutela più ampia al lavoratore vittima di un provvedimento tanto riprovevole: l’art. 2, d.lgs. 23/2015, appunto, condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente ritorsivamente licenziato nel proprio posto di lavoro, nonché al risarcimento di un’indennità che non può mai essere inferiore a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, senza la previsione di un tetto massimo (diversamente dall’art. 63, d.lgs. 165/2001, che dispone un massimale pari a ventiquattro mensilità).
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