Riassunto analitico
Le fratture distali del Radio sono molto comuni nella popolazione. Mentre le fratture stabili sono trattate con tecniche non invasive, quelle instabili necessitano di trattamento chirurgico. Tra le opzioni terapeutiche la più utilizzata è la fissazione con placca volare. Le placche in PEEK rappresentano un’alternativa alle placche convenzionali metalliche con una serie di vantaggi: sono radiotrasparenti, sono più facili da rimuovere in quanto non si verificano fenomeni di fusione a freddo, hanno meno rigidità alla flessione, causano una bassa interferenza alla RMN. Sono presenti anche degli svantaggi: tra questi il costo maggiore, la bassa tolleranza alla deformazione plastica, con il rischio di rottura dell’impianto, e la possibilità di carico minore rispetto ad altri materiali. Anche le placche in PEEK, come quelle in titanio, causano frequentemente complicanze quali: rottura del flessore lungo del pollice, tenosinovite degli estensori, lesione dell’estensore lungo del pollice, rottura di placca e infezioni.
L’obiettivo del nostro studio è quello di analizzare in maniera retrospettiva l’incidenza delle complicanze dopo la fissazione di placca volare effettuata con placche in PEEK, nelle fratture instabili di radio distale. È stata presa in considerazione tutta la popolazione adulta, maschile e femminile, trattata presso l’unità operativa di ortopedia e traumatologia per frattura instabile di radio distale con placca DiPhos-RM, prodotta dalla Lima Corporate, da maggio 2012 a Dicembre 2017. Si tratta di 110 pazienti, 77 donne e 33 uomini. È stata poi valutata la frequenza e la tipologia delle complicanze.
L’incidenza delle complicanze delle fissazioni con placche volari in PEEK sembrerebbe simile a quella delle fissazioni con placche volari di altri materiali. Tuttavia, con le placche in PEEK si è riscontrata una elevata incidenza di rotture intra- e post-operatorie (5 casi, 4.2%), ascrivibile alle proprietà meccaniche del PEEK, che appare meno resistente degli altri materiali quando fissato con viti. In un caso la rottura è avvenuta nella filiera prossimale della placca a 30 giorni dall’intervento a causa di una caduta del paziente sulla mano estesa. In altri 4 casi la rottura è stata intraoperatoria, probabilmente per errori tecnici dovuti alla mancanza di esperienza con la suddetta placca: le rotture intraoperatorie sono infatti avvenute nell’impianto delle prime 30 placche. In due casi, la rottura intraoperatoria è stata causata dall’inserzione di una vite corticale da 3.5mm nel foro ellittico diafisario della placca. Se la testa della vite non è perfettamente ortogonale alla placca, il design della vite può determinare un’espansione del foro fino a causarne la rottura alla fine dell’avvitamento. In altri due casi, l’inserzione di una vite da 2.7mm nel foro distale sul lato radiale della placca ha causato una rottura della placca tra questo foro e quello per il filo di K. Si raccomanda dunque di non avvitare eccessivamente questa vite per evitare la rottura. Le rotture intraoperatorie possono essere facilmente gestite con la rimozione della placca e la sostituzione della stessa con un’altra anche se questo può portare ad un tempo chirurgico maggiore.
In conclusione, possiamo affermare che il tasso di rottura delle placche volari in PEEK è significativamente maggiore rispetto alle placche di altri materiali. Questa placca dovrebbe dunque essere usata con cautela e sia i chirurghi che i pazienti dovrebbero essere avvisati del rischio. Le complicanze potrebbero essere evitate prestando attenzione a diversi fattori di rischio quali: posizionamento della placca, tecnica chirurgica e buona scelta della placca in base all’anatomia del paziente.
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