Riassunto analitico
Pazienti dell’ambulatorio di neurologia cognitiva con una diagnosi clinica di MCI e normali livelli liquorali di amiloide sono stati seguiti in maniera prospettica attraverso valutazioni cliniche. Sono stati stratificati in converters/non-converters in base alla diagnosi clinica ricevuta durante il follow-up. Abbiamo confrontato le caratteristiche demografiche alla prima visita e i pattern di atrofia alla Risonanza Magnetica (RM) strutturale tra converters e non-converters, e, nel gruppo dei converters, tra chi ha convertito a demenza d’Alzheimer vs altre forme di demenza. Prendendo come riferimento il cutoff di normalità dei livelli liquorali di amiloide più utilizzato, abbiamo riscontrato un tasso di conversione del 40% in 2 anni. Rispetto ai non-converters, i converters avevano alla prima visita livelli liquorali dei marker di neurodegenerazione e degenerazione neurofibrillare significativamente più alti, punteggi alla valutazione cognitiva più bassi e livelli liquorali di amiloide più bassi con trend di significatività. Le analisi VBM (Voxel Based Morphometry) hanno dimostrato che alla prima visita i converters avevano già una riduzione della sostanza grigia nelle regioni posteriori lungo la linea mediana e nella regione mediale del lobo temporale di destra. Tra i converters, coloro che hanno successivamente convertito a AD avevano atrofia nelle regioni posteriori lungo la linea mediana e nel lobo parietale di destra in confronto a coloro che hanno convertito ad altre forme di demenza. Prendendo come riferimento un cutoff di normalità dell’amiloide liquorale più restrittivo, calcolato specificamente per il nostro laboratorio, il tasso di conversione è sceso al 33%, suggerendo che livelli borderline di amiloide liquorale possono anch’essi identificare i soggetti a maggiore rischio di conversione a AD. Diversi studi hanno analizzato il tasso di conversione a AD in pazienti con MCI, ma sono stati condotti su coorti di volontari piuttosto che su una coorte di soggetti che si presentano all’attenzione del medico. Inoltre la maggior parte di questi studi ha usato la PET (Positron Emission Tomography) per la valutazione dell’amiloidosi e della neurodegenerazione, tecnica più costosa – e pertanto meno usata in setting clinici – rispetto alla valutazione dei marker liquorali. La novità del nostro studio è la dimostrazione della validità clinica dei marker liquorali in una coorte di pazienti che si presentano in una clinica di neurologia cognitiva, dimostrando dunque la possibilità di traslare direttamente i nostri risultati nella valutazione prognostica. I nostri risultati confermano la validità dei marker liquorali nella definizione del rischio di conversione non solo a demenza, ma anche a AD, in una popolazione di pazienti con MCI.
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Abstract
Recently developed criteria for the diagnosis of Mild Cognitive Impairment (MCI) due to Alzheimer’s Disease (AD) include imaging and cerebrospinal fluid (CSF) biomarkers including amyloid to establish the likelihood of underlying AD pathology. The risk of conversion to AD dementia is higher when biomarkers are abnormal. However, little is known on the prognosis of MCI patients in whom CSF biomarkers are normal. The aim of the study presented in this thesis was to analyze the conversion rate to dementia of an Italian population-based cohort of patients with a clinical diagnosis of MCI and normal CSF amyloid levels.
Patients from the Cognitive Neurology Clinic with a clinical diagnosis of MCI and normal CSF amyloid levels were followed prospectively with routine clinical assessments. They were stratified in converters/non-converters according to clinical diagnosis on follow-up. We compared baseline demographical characteristics and pattern of atrophy on structural Magnetic Resonance Imaging (MRI) of converters vs non-converters, and, among the converters, of people who converted to AD vs non-AD dementias.
When considering the most frequently used cutoff of normality for CSF amyloid we found a rate of conversion of 40% in 2-years. Compared to non-converters, the converter group had significantly higher baseline levels of CSF biomarkers of neurodegeneration and of tangle pathology, lower baseline cognitive scores and lower CSF amyloid levels at the trend level. Voxel-based morphometry (VBM) on the imaging data showed that at the baseline converters already had lower gray matter volumes in the lateral and medial right temporal lobe. Among the converters, those who later developed AD had atrophy in the posterior midline regions and right lateral parietal lobe relative to those who converted to non-AD dementias.
When considering a more restrictive cutoff of normality for CSF amyloid, calculated specifically for our laboratory, the rate of conversion decreased to 33%, suggesting that borderline levels of CSF amyloid still identify those subjects at greater risk of converting to AD.
Several studies have analyzed the conversion rate to AD in MCI patients but they were conducted on convenience cohorts rather than on population-based cohorts presenting to clinical attention.
Furthermore, most of these studies used positron emission tomography (PET) for the assessment of amyloidosis and neurodegeneration, which is more expensive - and therefore less used in clinical settings – than the assessment of CSF biomarkers. The novelty of our study is that it establishes the clinical validity of CSF biomarkers in a cohort of consecutive patients presenting in a cognitive neurology clinic, thereby allowing direct translation of our results into clinical prognostication.
Our results confirm the validity of CSF biomarkers in establishing the risk of conversion not only to dementia but also to the Alzheimer’s type in a population-based cohort of consecutive patients with MCI.
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